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martedì, luglio 01, 2008

Architettura e repubblica



L'Unione Internazionale degli Architetti (Uia) ha scelto l’Italia per celebrare i suoi sessant'anni, la cerimonia di apertura del 23simo Congresso mondiale degli architetti si è tenuta nei Giardini della Reggia di Venaria Reale e nei giorni seguenti si svolgeranno a Torino seminari, incontri e tavole rotonde per approfondire il rapporto tra architettura e società.
Lo slogan Transmitting Architecture – Comunicare Architettura, ovvero il canale di comunicazione tra l'architettura e la società, fa subito capire che non assistiamo ad un seminario tecnico dedicato solo agli architetti, il congresso ambizioso stimola la riflessione sul rapporto tra l’architettura società e libertà e sul significato della progettazione e la necessità di scelte condivise.

Il programma è articolato in tre grandi filoni, ovvero Cultura, il passato - Democrazia, il presente - Speranza, il futuro.
Questi tre temi affrontati da relatori di fama internazionale evidenziano l’architettura come strumento di lettura della storia che contribuisce alla creazione di democrazia e che contribuisce ad uno sviluppo del territorio e dell’ambiente compatibile con le risorse disponibili.

Prendendo spunto da alcune dichiarazione di politici ed architetti, sposto l’attenzione sull’aspetto politico.
Sono d’accordo con Bondi quando dice che gli edifici con meno di 60 anni sono brutti, banali e insignificanti, ma dal mio punto di vista si dimentica – o meglio si vuole nascondere - il fallimento della repubblica confermato appunto anche dal punto di vista architettonico.

L’architettura, come in genere l’Arte, è un indicatore importante della storia, essa cambia nel tempo e fotografa la società e perciò attraverso le “lenti dello stile architettonico” si può analizzare un periodo storico. Se lo stile architettonico di un periodo ci appare bello e gradevole significa che, in sostanza, la società e politica sono sane, sviluppate all'interno di uno stato valido ed efficiente e quindi amato dal popolo.

Al contrario adesso viviamo in un periodo di profonda decadenza, una situazione confermata anche dallo scarsa qualità della architettura.

Anche molti architetti ritengono che l’edilizia del nostro Paese è pessima, alcune giungono addirittura a dire che, per motivi estetici ed energetici, il 70% degli edifici dovrebbe essere abbattuti, ma difendono la propria professionalità dicendo che la colpa è della Politica e che si dovrebbe rottamare l’edilizia e sostituirla con l’architettura.

E’ evidente che la decadenza è causata da molti fattori, politica, architetti, artisti, sociologi, intellettuali, giornalisti, cittadini....
Anch’io però penso che la colpa principale sia della Politica, in effetti gli architetti interpretano la volontà del Potere, hanno il compito di trasformare le idee e le visioni dei politici in edifici, lo stile architettonico è, in un certo senso, dettato dal Regime Politico vigente, l’architettura è figlia della cultura politica e della storia sociale del Paese.

Un altro importante aspetto correlato alla Politica, e che pesa molto sulla architettura, è la pessima gestione della cosa pubblica.
Infatti in Italia c’è un sistema di vincoli agghiacciante che impedisce ci possa essere una buona architettura, non esistono competizioni fra progetti ma gare che sono vinte sempre da chi promette spendere di meno e di fare più in fretta (a scapito della qualità) oppure dall'impresa sponsorizzata dai partiti vincenti.

Senza dubbio i turisti vengono in Italia per vedere anche i bellissimi edifici, monumenti e le opere del passato,
Diciamo una verità : gli edifici del periodo repubblicano sono brutti ed insignificanti perchè la repubblica è brutta e squallida.

Come dice Bondi è necessario recuperare saggezza del progettare e del costruire, ma per fare questo c'è assoluto bisogno di uno nuovo Stato capace e funzionale, una nuova classe Politica all’altezza, una nuova cultura, una nuova società sana.

Purtroppo finora si continua a portare ossigeno ad una repubblica ormai morente e disastrosa.
Come più volte detto, ci vuole una Rivoluzione.

Il ministro Bondi boccia i nostri urbanisti: «Recuperare saggezza del progettare e del costruire»

«Occorre recuperare la saggezza del progettare e del costruire, con il dovere di ricercare un necessario benessere e armonia tra gli uomini e tra l’uomo e l’ambiente». Lo ha detto il ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi, aprendo ieri a Torino il XXIII Congresso mondiale degli architetti. «Anche considerando solo il lato estetico -ha spiegato il ministro- ci rendiamo subito conto che i palazzi delle nostre città che hanno più di sessant’anni nell’insieme sonno gradevoli. Al contrario gli edifici con meno di 60 anni ci appaiono per lo più brutti, banali e insignificanti.

Non dico ovviamente che non esistano realizzazioni spettacolari anche nell’architettura moderna. Il punto è che sono troppo rare i un mare di disperante squallore come le periferie delle nostre città». «Nel Dopoguerra in Italia -ha proseguito- si è costruito "molto e male" perchè è stata privilegiata l’esigenza di fare una casa a tutti in tempi brevi. Una volta superata l’emergenza di è però continuato a costruire seguendo questa filosofia. Così sono nate periferie mostruose: da quella di Roma a quella di Milano». Secondo il ministro Bondi «le città d’arte sono il frutto della libertà, mentre oggi paradossalmente piani regolatori, le leggi, hanno prodotto la bruttezza e lo squallore delle nostre città».
lastampa

venerdì, giugno 20, 2008

scalfaro, berlusconi e giustizialismo

Il nuovo scontro tra berlusconi e la magistratura rossa sta ridando spazio e forza a quella parte della sinistra legata al giustizialismo, guidata al parlamento da di pietro e scalfaro.

Oscar Luigi Scalfaro, durante il suo mandato al Quirinale, inventò il ribaltone a favore del centrosinistra.
Il suo settennato fu devastante per le deboli istituzioni repubblicane, si schierò contro Berlusconi, se ne infischiò del ruolo super partes e le regole elementari di una corretta dialettica democratica furono violate diverse volte.
Scalfaro è stato un pessimo presidente della Repubblica (non l’unico).

Avendo nei confronti di berlusconi una incompatibilità che sfocia in avversione, Scalfaro non poteva esimersi dall’esternare sullo scontro tra Berlusconi e le toghe ed intervistato dai giornali lo attacca nuovamente.
In una intervista al Corriere il senatore a vita ribadisce il suo antiberlusconismo, confessa di aver avuto simpatie per i girotondi, e se la prende con Berlusconi che ritorna con i proclami contro le toghe rosse.

Sponsor del veltronismo e garante giustizialista dell’ordine giudiziario, in riferimento al decreto appena approvato dal governo, Scalfaro parla di intervento incostituzionale e rivolge un appello a Berlusconi, chiedendogli di fare un sacrificio nell’interesse del nostro popolo e lo invita ad affrontare la sofferenza di una procedura giudiziaria.

Nulla da obiettare sul principio evocato da Scalfaro, in effetti dovrebbe essere la stella polare seguita dai politici, ma la storia insegna che questo principio rimane sulla carta e mai applicato, insomma si predica bene, ma si razzola male.

In questo periodo repubblicano, non certo esaltante, troppo spesso coloro che hanno avuto grandi responsabilità della cosa pubblica hanno invece pensato ai loro interessi, ormai gli italiani sanno che il sacrosanto principio di operare per gli interessi del popolo è stato dimenticato dalla classe politica.

Anzi aggiungo che la repubblica ha sollecitato ed insegnato agli italiani a fregare il prossimo pur di fare i propri interessi, in questo contesto la repubblica è diventata lo stato dei furbi e dei disonesti.

Altro aspetto inquietante è la Giustizia che, non solo non funziona, ma opera spesso seguendo progetti politici, eliminare il personaggio scomodo di turno.
Se in uno stato esiste una magistratura politicizzata non può esistere una vera, quanto necessaria, Giustizia.

Piuttosto chi invece ha dimostrato di applicare il principio, evocato da scalfaro, è stato l’indimenticabile Re Umberto II il quale, anche se aveva il diritto e dovere di attendere che la Corte di Cassazione verificasse la correttezza del referendum istituzionale, per scongiurare agli Italiani nuovi lutti e nuovi dolori, nel supremo interesse della Patria, decise di abbandonare l’Italia.

venerdì, giugno 13, 2008

Referendum irlandese boccia il trattato di lisbona

In una repubblica il capo dello stato superpartes è una leggenda metropolitana, una falsa percezione della verità propagandata dalla repubblica.

Si dice con enfasi che il presidente della repubblica è al di fuori delle parti e che non fa politica.
Ebbene Napolitano continua a fare politica non solo con la chiara intenzione di condizionare il parlamento italiano ma si permette di dare indicazioni agli altri stati.
Infatti ha chiesto di lasciare fuori chi dice no. Non si può pensare che la decisione di poco piu' della metà degli elettori di un Paese che rappresenta meno dell'1% della popolazione dell'Ue possa arrestare il processo di riforma.

Innanzitutto la percentuale detta da napolitano non ha senso in quanto ricorda solo gli irlandesi e non anche i francesi,olandesi, e danesi che precedentemente avevano bocciato i trattati europei.

Inoltre se poco più della metà di un popolo, che corrisponde all'1% degli europei, non può bloccare il cosiddetto processo di riforma allora mi permetto di ricordare che questo processo è voluto dagli euroburocrati di bruxelles (una minoranza), e che in Italia la decisione è stata presa solo dal Parlamento, cioé da circa 1000 persone, una quisquilia rispetto alla popolazione.
In Italia l'adesione alla costituzione ed ai trattati europei è stata presa dalla casta dei politici, la repubblica italiana non ha permesso agli italiani di decidere il loro futuro.
A quanto pare napolitano non rispetta la scelta democraticamente voluta dai popoli che con un referendum hanno bocciato il trattato.
Alla faccia del principio, così tanto decantato dai repubblicani, che la sovranità appartiene al popolo.

La verità è che quando i popoli sono stati consultati con un referendum, i trattati costituzionali europei sono stati rifiutati.

L'Europa è fatta dai popoli, non dagli euroburocrati

Ue: Napolitano, non partire da zero
Capo Stato, 'lasciare fuori' chi blocca costruzione europea

(ANSA) - ROMA, 13 GIU - Dopo il no irlandese al Trattato europeo 'non si puo' ripartire da zero'. Lo dice Napolitano che chiede di 'lasciare fuori' chi dice no.'Non si puo' pensare -afferma- che la decisione di poco piu' della meta' degli elettori di un Paese che rappresenta meno dell'1% della popolazione dell'Ue possa arrestare il processo di riforma'. Quindi 'l'iter delle ratifiche dovra' andare avanti' ed 'e' l'ora di una scelta coraggiosa' lasciando fuori dalla costruzione europea, 'chi minaccia di bloccarla'.

ansa