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martedì, ottobre 23, 2007

Mafia e repubblica


Secondo il decimo Rapporto di Sos Impresa Confesercenti Le mani della criminalità sulle imprese, le mafie sono sempre più forti nel Paese, taglieggiano il 20% del totale degli imprenditori e commercianti e investono sempre più in affari legali, imponendo merci e controllando appalti.

Dopo più di mezzo secolo di regime repubblicano, l'Italia è sempre più nelle mani della mafia.

I dati del rapporto sono in difetto e quindi più drammatici: le azioni mafiose sono meno eclatanti dai tempi delle stragi, ma l’ingerenza mafiosa negli affari italiani è aumentata, inoltre la ricerca di Confesercenti include solo le entrate del ramo commerciale della criminalità organizzata, senza considerare le enormi entrare provenienti dal traffico di sostanze illegali.

Secondo questo Rapporto con oltre 90 miliardi di euro di fatturato le mafie si confermano la prima azienda italiana.
Il fatturato della malavita organizzata è alimentato da estorsioni, usura, contraffazione e contrabbando e dall’imposizione di merce e dal controllo degli appalti.

Alcuni dati:
- la presenza criminale si consolida in ogni attività economica, tanto che il fatturato del ramo commerciale delle mafie si appresta a toccare i 90 miliardi di euro, una cifra intorno al 7% del PIL nazionale, pari a 5 manovre finanziarie, 8 volte il mitico tesoretto.
- Tragico il bilancio dei reati a danni dei commercianti e imprenditori, principalmente di casi di pizzo: la stima è di 1300 reati al giorno
- I commercianti taglieggiati oscillano intorno ai 160.000: oltre il 20% dei negozi italiani, anche in regioni che nell’immaginario collettivo sono prive di mafia.

Inoltre la Mafia mette in discussione anche l'idea dell'unità nazionale. Infatti nel 2006 su 68 imprese straniere che hanno investito in Italia, una soltanto l'ha fatto al Sud.

Uno degli elementi che colpisce maggiormente è l'espansione della cosiddetta collusione partecipata, cioè quel fenomeno che investe il gotha della grande impresa italiana, in particolare quella impegnata nei grandi lavori pubblici. Gli imprenditori preferiscono venire a patti con la mafia piuttosto che denunciare i ricatti e ciò conferma il crescente condizionamento esercitato delle organizzazioni criminali di stampo mafioso nel tessuto economico del Paese.

Senza dubbio questi dati mettono in gioco la credibilità delle istituzioni.

Purtroppo la classe politica continua a fare gli stessi errori di prima, cioè nuove leggi (molte inutili oppure non applicate ...), altri pacchetti sulla sicurezza, retorica, convegni ...

Lo stato e la politica non può limitarsi a gesti simbolici. Deve fare cioè che non ha mai fatto cioè agire senza tragiche sollecitazioni per cercare di creare una società sana.

Ma per contrastare in maniera efficiente la mafia manca uno stato davvero non convivente con la mafia e che abbia la fiducia e rispetto da parte degli italiani.

Il cosiddetto pizzo - il reato tipico della criminalità organizzata - serve anche per sostenere le famiglie, i clan, assicurare uno stipendio ai carusi, assistere i carcerati, pagare gli avvocati.
Il pizzo è la tassa della mafia.
Insomma la mafia funzione bene ed ha successo perchè si fa Stato, non solo controlla il territorio, ma risolve controversie, distribuisce lavoro e favori.
Si determina, in tal modo, un nuovo sistema di relazioni economiche in cui il pizzo surroga la tangente, la collusione rimpiazza la corruzione, quello che in tangentopoli era un sistema di arricchimento personale.
La Mafia è il Sistema.

Questa abnorme ed assurda realtà non può esistere in uno stato serio, e quindi la Mafia è forse la più eclatante dimostrazione del totale fallimento dello stato repubblicano e della classe politica.

Uno stato che, dopo più di mezzo secolo, ha fatto ben poco contro la mafia - retorica e convivenza - e che anzi ha permesso (aiutato?) la sua crescita, non dovrebbe chiedere scusa ed essere sostituito da un altro?

Il rapporto integrale Sos impresa 2007 in formato pdf

lunedì, ottobre 22, 2007

regime e tassa internet


Il 3 agosto 2007 Riccardo Franco Levi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ed amico di Prodi, aveva presentato un disegno di legge sull'editoria online che, di fatto, distrugge la libertà d’espressione nel nostro paese.
Questa legge qualifica ogni sito o blog - anche senza scopo di lucro - come prodotto editoriale e se le Camere approveranno questo disegno di legge, per creare un blog e pubblicare informazioni online si dovrà iscriversi al Roc (Registro degli Operatori di Comunicazione).

Finora nessuno, in rete, se n'è accorto, tranne Valentino Spataro, curatore del sito Civile.it, che ha lanciato l'allarme, che ha realizzato anche un video pubblicato in YouTube.

Come ampiamente previsto, al Potere comincia a fare paura e fastidio internet, e la Casta repubblicana sta correndo ai ripari per tamponare l’ondata di melma che la stava seppellendo dai numerosissimi siti internet, quello di Beppe Grillo in primis.
Il WEB è un potente mezzo di comunicazione che influenza sempre di più l'opinione pubblica e perciò il sistema repubblicano teme che senza controllo possa essere spazzato via.

In spregio all’art. 21 della costituzione - Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione - questa legge è un bavaglio a tutti quelli che utilizzano il WEB per discutere, socializzare, scambiarsi idee, imporrere procedure burocratiche per l'apertura di un blog sara' il modo migliore per far finire l'internet Italiana.

Quest'ultimo DDL è l'ultimo frutto della logica - profondamente illiberale ed arcaica - sulla quale si basa la repubblica italiana che vuole uno stato centralizzato e che perpetua il consenso con un abnorme sistema burocratico.

Inoltre c'è anche l'aspetto economico.
Dopo la pressione fiscale che tartassa le famiglie italiane ora il governo Prodi cerca di fare casse con il popolo di internet.
Una nuova tax internet?

Comunque l'iscrizione al ROC non implica solo carte da bollo e burocrazia ma aumenta le responsabilità penali per chi ha un sito.
Con questa legge ogni sito dovrà anche dotarsi di una società editrice e di un giornalista nel ruolo di direttore responsabile che entrambi risponderebbero del reato di omesso controllo su contenuti diffamatori.
Detto in parole elementari, la diffamazione realizzata attraverso il sito finora era considerata semplice e le norme penali la punivano in modo più lieve.
Questo nuovo disegno di legge, invece, classifica la diffamazione in Internet come aggravata e perciò diventa a pieno una forma di diffamazione, diciamo così, a mezzo stampa.

Mi sono fatto l'idea che questa legge non andrà lontano per il semplice motivo che sola una vera e propria dittatura mondiale può controllare o cancellare il WEB.
La rete è ovunque, non ci sono confini, manca la componente territoriale sulla quale applicare questa pseudo-legge. Inoltre per non pagare questo bollo al ROC basta destinare il mio blog all’America, al Regno Unito, ovunque.
L’accessibilità della rete è così vasta che questa legge perde di senso se solo è accostata al contesto reale al quale dovrebbe essere applicata, è una legge talmente stupida, che rappresenta un falso problema per tutti noi.

Questo governo ha fatto un errore macroscopico e la classe politica dimostra di non capire nulla di internet.
Quello che stupisce è che ci sono ministri che dichiarano di aver firmato senza aver letto il disegno. In questa repubblica delle Banane, delle due l'una: o si parano il fondoschiena o non sanno leggere.
In ogni caso basta!

La legge è di una sconsideratezza senza pari e senza precedenti, se non nei paesi a regime totalitario. Il solo fatto di avere concepito un'idea simile, la dice lunga sul concetto di libertà che hanno i signori che ci governano.

Comunque sia, inevitabilmente la blogosfera è nemico o perlomeno concorrente del Potere, è un potente mezzo di comunicazione che stabilisce consenso o bocciatura e che non può essere controllato.

Come ogni regime in fase di decadenza più si avvicina la fine, più la repressione e la censura diventano più forti.
La fine della repubblica si avvicina?


link:
Il registro del Roc presso l'Agcom
Il testo del disegno di legge
Stato - approvato dal Governo
Ricardo Franco Levi

venerdì, ottobre 19, 2007

Gli spagnoli preferiscono la monarchia


Un sondaggio dimostra che gli spagnoli sono soddisfatti del sistema monarchico.
Dai risultati risulta che :

65.1% vogliono mantenere la monarchia

22.6% preferiscono la repubblica

9.1% non sono sicuri

3.2% non rispondono


W il Re!

Angus Reid Global Monitor : Polls & Research
Spaniards Clearly Support the Monarchy

Adults in Spain are satisfied with their country’s political system, according to a poll by Instituto Opina released by Cadena Ser. 65.1 per cent of respondents support retaining the monarchy, while 22.6 per cent would prefer to establish a republic.

In November 1975, Juan Carlos I officially became Spain’s monarch following the death of dictator Francisco Franco. Juan Carlos oversaw the European nation’s transition into democratic rule.

In late September and early October, photographs of King Juan Carlos I were burned at least three times by groups of protesters in Catalonia, and the Republican Left of Catalonia (ERC) party called for the monarch to be stripped of his role as commander in chief of Spain’s armed forces.

The ERC has long called for the abolition of the monarchy, claiming it is unnecessary in Spain at this day and age. An ERC spokesman described the actions of the protesters as "the opening of a debate on the Spanish political system that was handed down by the fascist dictatorship."

Yesterday, secretary-general of the Ibero-American Cooperation Secretariat Enrique Iglesias endorsed the King as an eventual "facilitator" of Cuba’s transition into democratic rule, adding, "If at any time a petition was made about a possible intervention in Cuba, I think he could play a role, but it has to be something that Cubans ask by themselves."

Polling Data

Do you support retaining the monarchy, or do you think Spain should become a republic?

Retaining the monarchy
65.1%

Spain should become a republic
22.6%

Not sure
9.1%

No reply
3.2%

angus reid