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mercoledì, ottobre 22, 2008

OCSE, ricchi e poveri in Italia


Secondo il rapporto dell'Ocse Growing Unequal, che analizza la distribuzione della povertà e del reddito dei 30 Paesi appartenenti all'organizzazione, l'Italia si trova al sesto posto per il divario tra le classi sociali, dopo Messico, Portogallo, Polonia, Turchia e Stati Uniti.

In Italia da anni c'è una costante perdita di potere d’acquisto dei salari e la grave crisi finanziaria ovviamente peggiora situazione del nostro Paese, dove tra l'altro il sistema di welfare non è efficace ed equo come in altri paesi d’Europa.

Negli anni ‘90 la nostra situazione sociale era simile a quella dei paesi del Nord Europa. A fine anni ‘90 eravamo scivolati ai livelli di Grecia e Portogallo. Oggi solo 5 dei 30 paesi Ocse hanno una struttura sociale peggiore della nostra: Messico, Turchia, Portogallo, Usa e Polonia.
La disuguaglianza economica è cresciuta del 33 per cento dalla metà degli anni Ottanta a oggi, contro una media Ocse del 12 per cento.

Oltre all'aumento del gap tra ricchi e poveri, la società italiana risulta essere immobile e classista, nel senso che è sempre più difficile migliorare la propria siuazione sociale.
In tutto l’Occidente industrializzato si registra un brusco aggravamento delle distanze fra ricchi e poveri ma in Italia il fenomeno è assai più brusco e devastante.
Le classi medie sono risucchiate verso il basso ed il reddito medio italiano è più basso della media Ocse.

Infine una ultima considerazione.
Dai dati dell'OCSE risulta che gli stati dove il divario è minore sono Monarchie (Danimarca, Svezia, Lussemburgo) mentre quelle peggiori sono repubbliche (la repubblica Italiana è al sest’ultimo posto).

Se si ipotizza - come ha sempre propagandato la repubblica - che il divario tra ricchi e poveri è anche una conseguenza della forma istituzionale, bene allora dai dati si evince che il gap ricchi-poveri aumenta tra le repubbliche.

Insomma si scopre un altro triste primato della repubblica italiana, è al sest’ultimo posto ed è anche tra i più diseguali ed ingiusti.


Redditi, Ocse: cresce la disuguaglianza in Italia Borse, Europa positiva sulla scia di Wall Street

Roma - Ricchi sempre più ricchi, classe media che va assottigliandosi e disparità economiche e sociali sempre più marcate. L’Italia è tra i paesi dell’Ocse dove la differenza di reddito tra ricchi e poveri è più ampia. Tra i 30 stati membri dell’Organizzazione, la disuguaglianza è maggiore solo in cinque paesi (Messico, dove le differenze sono in assoluto maggiori, Turchia, Portogallo, Usa e Polonia). Tra i paesi del G7 l’Italia è seconda solo agli Stati Uniti. All’opposto Danimarca, Svezia e Lussemburgo, dove le distanze sono meno profonde. I dati emergono dal rapporto dell’Ocse Growing Unequal che sottolinea come la disparità di reddito sia aumentata più o meno in tutti i paesi anche se con ritmi molto.

La forbice si allarga "La disuguaglianza di reddito - si legge nel rapporto - è cresciuta significativamente dal 2000 in Canada, Germania, Norvegia, Stati Uniti, Italia e Finlandia, mentre è diminuita in Gran Bretagna, Messico, Grecia ed Australia". La disparità è aumentata in due terzi dei paesi che fanno parte dell’organizzazione, spiega l’Ocse, e questo è avvenuto "perché le famiglie ricche hanno raggiunto risultati particolarmente positivi rispetto alla classe media e alle famiglie che si trovano ai livelli più bassi della scala sociale". L’Ocse definisce l’Italia come un paese in cui le differenze di reddito sono particolarmente ampie: i salari di livello basso sono estremamente ridotti mentre i ricchi hanno standard di vita più elevati rispetto a paesi, come la Germania, dove invece le differenze di reddito sono più limitate e dove i salari minimi sono più alti. Come parametro di misurazione per la disuguaglianza, l’Ocse utilizza un coefficiente denominato "Gini", che indica proprio la disparità di reddito. Le differenze tra i paesi dell’organizzazione sono profonde, basti pensare che in Messico la forbice è due volte più larga rispetto alla Danimarca. I due paesi sono all’opposto nella classifica con un coefficiente di 0,23 per la Danimarca e di quasi 0,50 per il Messico contro una media Ocse di 0,30. Per l’Italia si calcola un coefficiente di 0,35 circa, mentre gli Stati Uniti sono a 0,38.

La risposta dei governi Il rapporto evidenzia quindi come la risposta dei governi alle disparità sia stata soprattutto di carattere fiscale e sociali, aumentando la spesa a favore di una popolazione che tende ad invecchiare velocemente. Si tratta però, secondo l’Ocse, di una risposta che può essere "solo temporanea". "L’unica via sostenibile per ridurre le disuguaglianze" è assicurarsi che le persone siano in grado di trovare e mantenere un’occupazione. Questo significa che "i paesi sviluppati devono sforzarsi molto di più per inserire i cittadini nel mercato del lavoro piuttosto che sostenerli con indennità di disoccupazione o pensioni anticipate".

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