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giovedì, novembre 29, 2007

Forleo, CSM, politica

Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione (Priscoli) ha dato avvio all’azione disciplinare nei confronti del GIP Clementina Forleo.

Il motivo sono le frasi di accusa rivolte a vari parlamentari, tra cui Fassino e D’Alema, di cui era corredata l’ordinanza con cui aveva chiesto alla Camera dei Deputati l’autorizzazione ad utilizzare le loro intercettazioni telefoniche.
Alla Forleo si era lasciata sfuggire osservazioni pesantissime, fino a sostenere che il presidente ed il segretario del DS sarebbero stati consapevoli complici di un disegno criminoso…pronti e disponibili a fornire i lori apporti istituzionali, in totale spregio dello Stato di diritto.

Si giunge all'azione disciplinare perchè il GIP, che dovrebbe essere giudice terzo ed equilibrato, si era in sostanza sostituito al Pubblico Ministero, che con durissime parole hanno reso addirittura abnorme la celebre ordinanza.

La Forleo se l'aspettava anche perché era consapevole di aver combattuto contro i soprusi dei poteri forti, fino a sostenere anche al collega De Magistris, impegnato a sua volta in una clamorosa battaglia contro il Palazzo e il malcostume della politica. (Mastella ...)

Ciò che è strano, e che lascia dubbi ed inquietudini, è la velocità con la quale questa volta il CSM ha deciso di aprire l'azione disciplinare.
Non si può dimenticare il famoso Resistere, resistere, resistere che l’allora Procuratore di Milano Borrelli indirizzava a Berlusconi e al suo Governo.
Perchè a fronte delle esternazioni della Forleo, questa volta si è deciso di avviare un’azione disciplinare, mentre invece fu risparmiata all’esponente del pool di mani pulite?

E' vero che il GIP dovrebbe essere giudice terzo ed equilibrato, ma perchè il CSM difende questo concetto solo adesso ?

E' lecito pensare che ci troviamo difronte all’ennesimo omaggio che le toghe riservano alla sinistra italiana, si tratta di una sorta di invito a smettere di indagare ai vari Fassino, D’Alema o chi per loro.

Inoltre vorrei sottolineare il fatto che, guarda caso, adesso il CSM è presieduto da napolitano, cioè un presidente della repubblica che proviene dal partito comunista e che è stato votato solo dalla maggioranza di sinistra.

Purtropo in questa repubblica i principi sono secondari agli interessi .
Quindi si smetta di nascondere la bramosia o gli interessi di bottega sotto principi che, se giusti, devono valere sempre e per tutti.

Caso Unipol, ora la Cassazione vuole punire il gip Clementina Forleo
A settembre il giudice di Forum Ferdinando Imposimato gliel’aveva anticipato in un colloquio riservato: «Guarda che vogliono aprire un procedimento disciplinare contro di te». Previsione azzeccata. Il Procuratore generale della Cassazione Mario Delli Priscoli ha promosso l’azione disciplinare contro il gip milanese Clementina Forleo. Oggetto dell’indagine: l’ormai celebre ordinanza con cui il giudice aveva chiesto alla Camera l’ok all’utilizzo delle telefonate intercettate fra sei parlamentari e alcuni degli indagati nelle inchieste sulle scalate bancarie. Per Delli Priscoli quel provvedimento, con cui venivano pesantemete tirati in ballo i leader dei Ds MassimoD’Alema e Piero Fassino, sarebbe abnorme.

In poche parole, la Forleo avrebbe svolto una parte non sua, sostituendosi di fatto ai Pm. D’Alema, Fassino e gli altri deputati - tre di Forza Italia - infatti non erano stati iscritti dalla Procura di Milano nel registro degli indagati e quelle conversazioni, pur definite penalmente rilevanti, erano state invece utilizzate dall’accusa per puntellare i capi d’imputazione contro i principali indagati, ad esempio l’ex numero uno di UnipolGiovanni Consorte e il suo vice Ivano Sacchetti. Ma la prudenza dei Pm era stata travolta dal gip. Nell’ordinanza la Forleo aveva definito il ministro degli Esteri D’Alema e il senatore Nicola Latorre «consapevoli complici di un disegno criminoso», ipotizzando per loro il possibile concorso nel reato di aggiotaggio. Non solo: li aveva descritti, insieme a Fassino, come «pronti e disponibili a fornire i loro apporti istituzionali, in totale spregio dello Stato di diritto». Parole durissime che il gip aveva scritto dopo aver letto attentamente le carte, ma che non trovavano riscontro nelle ipotesi formulate dai Pmnel filone Unipol. Parole che avevano provocato reazioni altrettanto taglienti: D’Alema aveva parlato di «asserzioni assolutamente stupefacenti e illegittime» e aveva denunciato «l’anomalia» del testo.

Ora quel provvedimento viene ritenuto abnorme e quei giudizi sui big del Ds, oggi confluito nel Partito democratico, diffamatori. Nelle scorse settimane la Forleo aveva denunciato, prima in tv, poi con un esposto consegnato ai carabinieri, infine con una deposizione a Brescia, il clima di isolamento in cui si era venuta a trovare dal momento in cui aveva cominciato a maneggiare i fascicoli di Unipol e aveva messo il naso nei santuari del potere Ds. Aveva descritto le pressioni e i tentativi di intimidazione subiti, il pressing per ammorbidire i toni dei suoi provvedimenti. Aveva ingaggiato una polemica durissima con il tenente dell’arma di Brindisi Pasquale Ferrari e con i Pm della città pugliese, titolari dell’indagine sulle minacce subite dai suoi genitori, infine aveva chiamato in causa il Procuratore generale di Milano Mario Blandini che, nel corso di un incontro a Palazzo di giustizia, le avrebbe detto: «Qua ha chiamato D’Alema». Blandini l’aveva smentita.

Lei non si era fermata e aveva citato anche un’altra circostanza: l’incontro con Imposimato. L’ex giudice l’aveva messa in guardia: «Ci sono pressioni su Delli Priscoli perchè apra un procedimento su di te». Ora quel fascicolo, sussurrato dal tamtam del Palazzo per settimane, è realtà. E la Forleo, che se l’aspettava, lo liquida con poche parole: «E’ la cronaca di un evento annunciato». Per Delli Priscoli l’ordinanza è abnorme. Ma al gip vengono addebitati anche altri due episodi: le offese rivolte al tenente Ferrari per i ritardi dell’inchiesta sulle telefonate mute ricevute dai genitori del giudice prima di morire in un incidente stradale. Ancora, il violento battibecco nel 2005 con due poliziotti che avevano fermato un immigrato con metodi giudicati violenti. La coppia aveva risposto con una querela.

Ora Delli Priscoli chiede conto di tutte e tre le vicende. E il Csm già lunedì potrebbe aprire la procedura che porta al trasferimento per incompatibilità. Lei, invece, oggi sarà a Brescia per integrare il racconto sulle pressioni esercitate da soggetti istituzionali a proposito di Unipol.
ilgiornale

mercoledì, novembre 28, 2007

Giustizia e massmedia = gogna moderna


La Procura di Roma ha chiesto l'archiviazione dell'inchiesta su un presunto giro di tangenti ai Monopoli di Stato che ha coinvolto il Principe Vittorio Emanuele di Savoia.
Adesso l'ufficio del gip dovrà valutare se ci siano o meno i presupposti per chiudere il caso. Vedremo come finirà.

Come al solito, quando la Giustizia chiede l'archiviazione di un inchiesta i massmedia tacciano, non mettono in rilievo la notizia.

Visto che la propaganda repubblicana è terribile e spietata verso i Savoia, i massmedia - sempre molto teneri verso chi ha il potere - nascondono la notizia.
Non si può dimenticare gli innumerevoli articoli che già condannavano il Principe, milioni di carta stampata dedicata alla vicenda, servizi Tv riviste ... tutti i giornali facevano a gara tra loro per screditare l'immagine del Principe.

Ma ci rendiamo conto di quanto ci siamo incattiviti in questa repubblica?

Il pm di Potenza, Woodcock, aveva addirittura condotto in carcere, nel giugno dello scorso anno, il principe ereditario.
Per continuare l'indagine era necessario chiuderlo in carcere?
Ma ci rendiamo conto della gravità ?
Questa drammatica situazione non succcede solo per i Savoia, ma si è ripetuta mille volte.
Si può ancora avere fiducia in uno stato che permette queste cose?
Perchè chi sbaglia non paga mai?
Perchè non si migliora la Giustizia?


E'lecito chiederci se in Italia esiste ancora la Giustizia, ormai diventata un mezzo per distruggere i nemici o chi dà fastidio.
Una giustizia trasformata in mezzo politico ed aiutata dai massmedia è la versione moderna della gogna.

Una giustizia del genere è solo lo strumento punitivo per mettere alla berlina il disgraziato di turno, umiliato in pubblico.
A quanto pare si elimina la persona indesiderata buttando addosso talmente tanto fango che neanche la successiva innocenza può riabilitarlo.

Questa è la terribile verità.
Povera Italia, poveri italiani


Emanuele Filiberto: magistratura italiana da incubo

ROMA (Reuters) - Dopo un anno di inchieste sono cadute tutte le accuse contro Vittorio Emanuele di Savoia, lanciate da una magistratura dalle manette facili, che fa fare all'Italia una brutta figura nel mondo: così Emanuele Filiberto in un'intervista a Reuters ha commentato la richiesta di archiviazione da parte della procura di Roma dell'inchiesta per tangenti nei confronti del padre.

"Ci si rende conto che, dopo un anno di inchieste, tutte le accuse si sciolgono come neve al sole", ha detto il nipote dell'ultimo re d'Italia, che ha ricordato il "terribile periodo" del carcere di Vittorio Emanuele.

"Noi l'abbiamo vissuta molto male. Sinceramente abbiamo tutti avuto paura. Io non sono tornato in Italia per tre mesi. Sono partito in montagna con mia moglie e le mie figlie".

"Ancora oggi quando cammino per strada, guardo indietro per vedere se non ci sono due che mi vengano da arrestare.... In Italia chiunque fa un passo di traverso può ricevere lo stesso trattamento (del padre)".

La procura di Roma che ha chiesto oggi l'archiviazione aveva ricevuto gli atti dell'inchiesta dal pubblico ministero di Potenza Henry John Woodcock, che indagava su un più ampio giro di corruzione e sfruttamento della prostituzione.

In particolare veniva contestata a Vittorio Emanuele e a un'altra decina di indagati una presunta tangente ai monopoli di Stato per ottenere una licenza per la dislocazione di slot machines.

Secondo fonti giudiziarie, i magistrati romani hanno motivato la richiesta di archiviazione sostenendo che non ci sono prove che il denaro sia arrivato ai funzionari dei monopoli.

L'esponente di Casa Savoia era stato arrestato nel giugno 2006 per associazione a delinquere finalizzata proprio alla corruzione e allo sfruttamento della prostituzione e aveva passato una settimana in carcere prima che gli fossero concessi i domiciliari in un appartamento romano e venisse poi rimesso in libertà un mese dopo l'arresto.

"Ma ora voglio capire una cosa, perché un magistrato può permettersi di distruggere la famiglia di un uomo che è stato in esilio per 58 anni, che era felice di tornare, anche senza conoscere il paese", ha detto Emanuele Filiberto, riferendosi al pm Woodcock.

La vicenda "mediaticamente è stato un orrore, perché sono state pubblicate conversazioni telefoniche che non avevano niente a che vedere con l'inchiesta".

"Quel che è ancora più triste è che l'Italia viene giudicata al di fuori dei suoi confini per vicende così. E' una brutta figura per la giustizia italiana".
reuters


Vittorio Emanuele, chiesta archiviazione vicenda monopoli

ROMA (Reuters) - La procura di Roma ha chiesto l'archiviazione dell'inchiesta nei confronti di Vittorio Emanuele di Savoia e di un'altra decina di indagati per la vicenda della presunta tangente ai Monopoli di Stato per una licenza per la dislocazione di slot machines.

Lo riferiscono fonti giudiziarie, aggiungendo che il provvedimento è stato firmato dai pm Giancarlo Amato e Maria Cristina Palaia, che avevano ricevuto gli atti dal pubblico ministero di Potenza Henry John Woodcock, nell'ambito della più ampia indagine su un presunto giro di corruzione e di sfruttamento della prostituzione.

Gli inquirenti romani, dicono le fonti, avrebbero motivato la richiesta di archiviazione sostenendo che non vi sono prove che il danaro sia effettivamente arrivato ai funzionari dei Monopoli.

L'esponente di casa Savoia era stato arrestato nel giugno 2006 per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e allo sfruttamento della prostituzione e aveva passato una settimana in carcere prima di essere messo ai domiciliari in un appartamento romano e poi essere rimesso in libertà circa un mese dopo l'arresto.

L'indagine si concentra sul rilascio di nulla osta per videogiochi ad una società messinese da parte dei Monopoli di Stato e sul Casinò di Campione d'Italia.
reuters

martedì, novembre 27, 2007

Savoia e propaganda repubblicana


Riporto qui il testo di un documento pubblicato nel sito del Movimento Monarchico Italiano relativo all'incontro tra la delegazione del governo italiano ed il principe Vittorio Emanuele di Savoia il 18 novembre 2002.

il documento riservato

dell'incontro tra la delegazione del Governo Italiano ed il Principe Vittorio Emanuele
(con l'impegno a ritirare il ricorso alla Corte di Strasburgo)

PROCESSO VERBALE
INCONTRO TRA LA DELEGAZIONE DEL GOVERNO ITALIANO ED IL PRINCIPE VITTORIO EMANUELE DI SAVOIA

(tra parentesi le correzione suggerite a mano nel documento originale; ndr)

In data 18 novembre 2002 si è avuto a Ginevra un incontro tra la delegazione del Governo itaiano, composta dall'Ambasciatore Giovanni Castellaneta e dal professore Umberto Leanza, ed il Principe Vittorio Emanuele di Savoia (e suo figlio Emanuele Filiberto di Savoia), al fine di definire al meglio il quadro del rientro del Principe e della sua famiglia in Italia, e seguito degli avvenuti adempimenti da parte del Parlamento e dal Governo Italiano, consistenti nella cessazione degli effetti dei commi 1 e 2 della Disposizione XIII transitoria e finale della Costituzione e nel ritiro della dichiarazione inetrpretativa al Protocollo n.4 alla Convenzione europea sui diritti umani.

Per garantire le migliori condizioni del rientro si è convenuto quanto segue:

Il Governo italiano si impegna a:
- assicurare al Principe ed alla sua famiglia la tutela di sicurezza del loro soggiorno in Italia conseguente al rientro;
- predisporre un incontro del Principe e della sua famiglia con il Presidente del Consiglio dei Ministri;
- porre a disposizione del Principe e della sua famiglia, a titolo di riconoscimento morale, (per il periodo trascorso al di fuori del territorio dello stato) alcune beni di accertata precedente appartenza dei Savoia secondo intese da assumere successivamente al rientro.

Da parte sua il Principe si impegna a :
- adempiere prima del rientro, come in precedenza da Lui dichiarato, alla rinuncia definitiva al ricorso innanzi alla Corte Europea dei diritti umani
- effettuare il primo rientro a Roma, con mezzi propri per via aerea, in data concordata;
- tenere informato il Governo circa i successivi spostamenti sul territorio nazionale ai fini di un migliore tutela di sicurezza.

Fatto a Ginevra, li 18 novembre 2002

(nella nuova versione, i termini "Principe e la sua famiglia", saranno sostituiti dai termini:"Principe e i suoi eredi")

Da questo documento si vede che il Governo Italiano si era impegnato a fare alcune cose, tra le quali :
porre a disposizione del Principe e della sua famiglia, a titolo di riconoscimento morale, (per il periodo trascorso al di fuori del territorio dello stato) alcune beni di accertata precedente appartenza dei Savoia secondo intese da assumere successivamente al rientro.

Dopo 5 anni dal rientro in Italia dei Principi di Savoia la repubblica non ha fatto nulla per cercare di trovare intese o stabilire incontri per chiarire ed individuare alcuni beni (di accerta appartenza alla famiglia) da ridare ai Savoia (come si era impegnato).

Quindi è assurdo questo vespaio, queste violente dichiarazioni da parte dei massmedia e politici, sono solo chiacchiere e strumentalizzazioni populistiche.
Evidentemente la propaganda repubblicana vuole stordire ed influenzare le coscienze e le idee degli italiani.

In un paese veramente libero e democratico lo Stato non dovrebbe utilizzare in maniera violenta la sua forza, quando la propaganda è esagerata, quando la verità è a senso unico la democrazia è a rischio.
Ad esempio nel Regno Unito, dove la stragrande maggioranza degli inglesi sono orgogliosi della Monarchia ed amano la Regina Elisabetta II ( più di quanto gli italiani amano la repubblica e napolitano), c'è ampio spazio per coloro che invece criticano, anche violentemente, la Famiglia Reale.
In Italia invece la repubblica impedisce ai monarchici e a coloro che solo rispettano i Savoia, di difendere la Monarchia e di esprimere le loro opinioni.
Si parla di par condicio, ma per la repubblica questo principio non vale per i monarchici ed i Savoia, mi sembra chiaro che si vuole tappare la bocca a qualcuno.

Inoltre è preoccupante ed inquietante notare che i massmedia non pubblicano documenti o fatti oggettivi (questo è solo un esempio) utili ai Savoia per tutelare le loro ragioni ed immagine.

Perchè nessuno scrive o dice che, in effetti, finora lo Stato repubblicano non ha rispettato ciò che si era impegnato a fare nei confronti dei Savoia?
Ci sono due cosa oggettivi:
- in uno stato democratico, e che si definisce di diritto, tutti i cittadini possono denunciare lo stato, quindi anche i Savoia.
- che si devono affrontare e risolvere i problemi legati all'esilio.

Ovviamente c'è modo e modo di affrontarli e risolverli e poi si deve accettare le conseguenze, anche se non fanno comodo.
Finora la repubblica con arroganza non fa mai autocritica e si considera intoccabile.
Evidentemente questo è un brutto segno perchè significa che la repubblica che si dichiara democratica, in effetti, non lo è completamente.
PS. e non solo per questo motivo.

lunedì, novembre 26, 2007

La repubblica non riceve il Dalai Lama


Ai primi di dicembre è previsto in Italia l'arrivo del premio Nobel per la pace Tenzin Gyatzo.
Poco giorni fa la visita del Dalai Lama in alcuni stati, come negli USA, aveva causato incidenti diplomatici con la Cina (con proteste preventive dell'ambasciatore di Pechino).

Cosa succede in Italia?
Il presidente della Camera, bertinotti ha deciso di non concedere l'Aula di Montecitorio per la visita del Dalai Lama a Roma, perchè : Nell’emiciclo si svolgono solo lavori parlamentari, non celebrazioni.
Romano Prodi è orientato a non ricevere la guida spirituale tibetana e così Massimo D’Alema, anche se questo non esclude - spiegano alla Farnesina - che ci siano incontri con ministri.

La spiegazione di bertinotti non ha senso.
Nel passato ci sono state delle eccezione ma soprattutto, il sig. bertinotti si dimentica che Dalai Lama, non è solo premio Nobel per la pace, ma è il rappresentante del Buddismo Tibetano ed anche del Tibet occupato dalla Cina, e quindi non ha senso ciò che afferma.

Perchè la repubblica italiana non riceve ufficialmente il Dalai Lama ? Semplice, perchè la costituzione italiana è stata scritta anche dal Partito Comunista Italiano (partito alleato ed aiutato dallo stesso Stalin) e perchè l'Italia è uno dei pochi paesi al mondo governato da politici che ancor'oggi si dicono orgogliosi di essere comunisti.

Il rifiuto di ricevere ufficialmente il Dalai Lama è una mossa politica del governo per evitare di scontentare la parte radicale della sinistra e nonchè per non mettere in difficoltà anche il presidente della repubblica, un comunista.

Inoltre nel nome delle esigenze commerciali con Pechino, che da ferreo anticapitalista è diventato l’avanguardia del peggior sviluppo industriale e finanziario, specializzandosi in distruzione ambientale e violazione dei più elementari diritti umani, la repubblica italiota si cala le braghe.

Non si può abdicare ai diritti umani in nome degli affari ed ancor di più per difendere una ideologia che ha causato milioni di morti e distrutto l'intera umanità.

Un'altra vergogna della repubblica!


ma i sostenitori insistono
Niente Montecitorio per il Dalai Lama
«Nell'emiciclo non si svolgono celebrazioni». L'unica eccezione per i presidenti dei Parlamenti stranieri

ROMA — Fausto Bertinotti non concederà l'Aula di Montecitorio per la visita del Dalai Lama a Roma. «Nell'emiciclo si svolgono solo lavori parlamentari, non celebrazioni», spiegano i suoi collaboratori e infatti l'unica eccezione che ha fatto il presidente della Camera è stata quella di ospitare i presidenti dei Parlamenti stranieri: «Si potrà organizzare un incontro nella Sala Gialla, con tutti gli onori». Ma non sarebbe la stessa cosa. Romano Prodi è orientato a non ricevere la guida spirituale tibetana. E così Massimo D'Alema: anche se questo non esclude, spiegano alla Farnesina, che ci siano incontri con ministri, come avvenne durante la sua visita l'anno scorso. L'arrivo del premio Nobel per la pace Tenzin Gyatzo, in
Italia ai primi di dicembre, ha già creato un mezzo incidente diplomatico con la Cina (con proteste preventive dell'ambasciatore di Pechino), ma rischia ora di creare un vero e proprio caso politico.

Perché questa volta il partito pro-Tibet non demorde: guidato da Benedetto Della Vedova, ex radicale ora in Forza Italia, è riuscito a raccogliere 165 firme, e punta alle 315, cioè alla metà del Parlamento, per chiedere che il Dalai Lama possa avere accesso «al cuore della democrazia italiana». Si sono iscritti al «partito dei diritti umani» oltre alla vicepresidente della Camera Giorgia Meloni (An), un lungo elenco di deputati di Forza Italia, il casiniano Luca Volontè. Ma anche un buon numero di parlamentari che sostengono il governo Prodi: da Roberto Giachetti e Pietro Marcenaro del Pd a Pietro Folena di Rifondazione e a Grazia Francescato dei Verdi, e praticamente l'intero gruppo della Rosa nel Pugno. Non è contrario alla causa anche il vicepresidente della Camera Carlo Leoni. A loro si aggiungono gli amministratori locali piemontesi, tutti Pd di osservanza veltroniana, e lo stesso sindaco di Roma: ad invitare il Dalai Lama è stato infatti il sindaco di Torino Sergio Chiamparino per conferirgli la cittadinanza onoraria; Mercedes Bresso, presidente della Regione, lo riceverà (senza tutti i dubbi che ha invece Roberto Formigoni) e anche Veltroni potrà stringergli la mano all'incontro annuale a Roma con i premi Nobel.

«Gli amministratori locali hanno una loro autonomia», liquidano l'affare alla Farnesina. Perché se sotto tiro c'è Bertinotti, ma sotto accusa è il governo Prodi: «Non si può abdicare ai diritti umani in nome degli affari — insiste Della Vedova —.
Perché ci sono tre Paesi del G8, Stati Uniti, Canada e Germania, che hanno avuto il coraggio di ricevere il Dalai Lama e invece noi non vogliamo fare dispiacere a Pechino». Il perché è nelle notizie che arrivano dalla Cina sui ricatti e gli affari
perduti dalle aziende tedesche e americane. Il caso diplomatico è dunque chiuso, a meno che i due partiti, quello più realista che non vuole sfidare la Cina e quello che vuol fare della visita del Dalai Lama una vetrina per la battaglia per i diritti umani, non costringeranno a riaprire i giochi.

Gianna Fregonara
ilcorrieredellasera

mercoledì, novembre 21, 2007

Savoia, repubblica, risarcimento allo stato

E' molto difficile risolvere il delicato problema dei beni di Casa Savoia avocati allo stato repubblicano ma prima o poi deve essere affrontato.
Non sono un esperto ma vorrei dire la mia.

Penso sia innegabile che il Principe Vittorio Emanuele ed il Principe Emanuele Filiberto abbiano subito una gravissima privazione dei diritti fondamentali di un individuo (sanciti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo), non hanno potuto entrare nel loro Paese fino a pochi anni fa e non hanno avuto il diritto fondamentale alla proprietà privata ed al voto.

La repubblica avendo l'interesse di indebolire il più possibile la Monarchia - l'unica alternativa - ha sempre cercato di demonizzare i Savoia ben oltre i veri o presunti errori, tanto che nei libri di storia è difficile trovare testi equilibrati ed in genere i Savoia sono diventati personaggi negativi.
Questa massiccia propaganda repubblicana impedisce di affrontare serenamente il problema.

Intanto c'è da dire che la fine dell'esilio dei Savoia non è avvenuta dopo una serena decisione della repubblica ma perché costretta a farlo.
Infatti, dopo la denuncia dei Savoia sulla mancanza dei diritti umani da parte dello stato repubblicano nei loro confronti, la repubblica ha temuto di essere condannata dall'UE ed ha risolto il problema - in realtà solo parzialmente perché i deceduti Re e Regina d'Italia riposano ancora all'estero -facendo decadere (non cancellati) i primi due commi dell'articolo XIII della costituzione.

La repubblica ha risolto solo i primi due commi dell'art.XIII, ma quello dei beni non è mai stato affrontato.
Si può continuare a dimenticare che esiste anche questo problema? Evidentemente no.

Qualcuno afferma che il momento non è opportuno, ma questo non è vero, in quanto dopo 5 anni dal rientro sarebbe scattata la prescrizione e quindi i Savoia avrebbe perso ogni diritto.

La repubblica è nata male, troppi sospetti - i noti brogli del referendum istituzionale - imposta in un momento storico particolare, dopo una sconfitta militare ed una guerra civile, sotto fortissime pressioni internazionali, tanto che l'Italia è stata considerata la nazione di confine tra due mondi diversi (USA-URSS).
In questo contesto in Italia non c'è mai stato una condivisione di quello che si considera bene comune.
La repubblica non è per nulla amata dagli italiani, nel senso che accettiamo la repubblica solo perché siamo abituati, non ci chiediamo se sia giusto o no, o se esiste una forma istituzionale diversa e migliore.
In questo modo stiamo perdendo la nostra identità, in Europa l'Italia è lo stato più debole ed in questa maniera è impossibile vincere il confronto con gli altri stati in un mondo spietato come quello globale.

Questa anomala situazione storica-culturale-politica non ci permette di risolvere molti problemi, tra i quali anche il delicato rapporto Savoia-repubblica e più in genere tra monarchia-repubblica, un fattore, secondo me, essenziale per la rinascita dell'Italia e perché possa essere una vera riappacificazione, spesso evocata da molti.

Per tornare al tema, cito le Disposizioni transitorie e finali della costituzione repubblica :
[I membri e i discendenti di Casa Savoia non sono elettori e non possono ricoprire uffici pubblici né cariche elettive.
Agli ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi sono vietati l'ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale.]
I beni esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi, sono avocati allo Stato. I trasferimenti e le costituzioni di diritti reali sui beni stessi, che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946, sono nulli.

In seguito alla l. cost. 1/2002 i primi due commi di questo articolo hanno cessato di avere effetto. I membri e i discendenti di casa Savoia tornano quindi a godere pienamente dei diritti civili.

Il termine avocato - attribuire a se stesso un bene o confiscare - è un elegante termine per nascondere che lo stato toglie (ruba?) qualcosa a qualcuno.

Adesso dimentichiamo un attimo i Savoia, ed immaginiamo che lo stato, per qualche motivo, ti abbia tolto alcuni diritti (come vivere in Italia, votare ...) e ti abbia confiscato i tuoi beni.
Una volta tornato in Italia, cosa faresti ?
Non faresti qualcosa per riavere la tua casa ?
Non lo consideri un tuo diritto ?
Penso che non si possa negare questo, ma purtroppo coloro che (a ragione o torto) non sopportano i Savoia negano di dare a loro i diritti invece concessi ad altri.
Perché ? Invidia, odio, motivi politici, ... propaganda repubblicana....

Voglio segnalare un recente episodio per dimostrare come subiamo la propaganda repubblicana, e cioè il modo con il quale ieri sera, la trasmissione Ballarò ha accennato alla causa dei Savoia.
Infatti faziosamente ha terminato la trasmissione dedicata alle difficoltà economiche degli italiani - tra parentesi causate dalla repubblica - parlando dei beni dei Savoia, come se fossero la causa della crescente povertà degli italiani, insomma ha liquidato l'argomento in pochi minuti, un pugno allo stomaco.
Non sarebbe stato logico e giusto ricordare nella trasmissione quanto guadagnano i politici o quanto il quirinale repubblicano costa agli italiani ?
Capisco che ci sono molti italiani che non vogliono dare nulla ai Savoia ma il troppo stroppia.

Ragionando come i politici, è stupefacente e grottesco vedere i politici negare ai Savoia di fare altrettanto, cioè pensare ai loro interessi.
Insomma se i politici penso solo ai soldi, perché i Savoia non possono fare altrettanto?

E poi perché scandalizzarsi sulla cifra chiesta dai Savoia, considera troppo alta - 260 milioni di euro - quando si sa che il costo del Quirinale va verso 241 mln di euro solo nell'anno 2007 ?
(sempre in crescita 17 milioni più dei 224 indicati nel bilancio di previsione 2007).
Insomma lo stato repubblicano dovrebbe dare ai Savoia quello che ogni anno il quirinale costa a noi italiani.

Ci siamo forse già dimenticato il libro "La Casta dei politici"?

Per quanto riguarda i beni bisogna non confondere i beni della Corona che erano a disposizione della Casa Reale, come il Quirinale, ed i beni privati che erano di proprietà dei membri della Famiglia Reale da molti secoli.
Inoltre Emanuele Filiberto ha chiarito che gli eventuali proventi di una vittoria processuale saranno devoluti alla Fondazione Savoia che li utilizzerà per azioni concrete a sostegno delle fasce deboli della popolazione italiana con particolare attenzione agli anziani, alle famiglie prive di reddito o con redditi inferiori alla soglia di sussistenza e a giovani a cui fornire gli strumenti per costruire un proprio futuro.

Se l'intenzione è questa allora non si può sostenere che i Savoia pensano solo ad arricchirsi.
Piuttosto i politici ed i presidenti della repubblica cosa hanno fatto con gli ingenti denari ricevuti ?
Hanno mai regalato qualcosa a qualcuno?

Ampliando il discorso, altri paesi sono stati trattati severamente dall'Europa anche in maniera retroattiva.
E' il caso della Grecia, che ha dovuto pagare un cospicuo risarcimento a re Costantino e alla sua famiglia per l'ingiusto esilio.
Risarcimento per Re Costantino di Grecia
Lo scorso 28 novembre 2002 la Corte Europea dei Diritti Umani ha emesso una importante decisione sul ricorso presentato da S.M. il Re degli Elleni e dalle Principesse Irene e Caterina contro la legge n° 2215 del 16 aprile 1994 con cui lo stato greco ha espropriato le residenze di Tatoi, Polyendri e Mon Repos nonché tutti i beni mobili appartenenti alla Real Casa presenti sul territorio ellenico.

La Corte ha infatti dichiarato l'illegittimità (per violazione dell'Art. 1 del Protocollo n° 1 della Convenzione Europea dei Diritti Umani) della succitata legge nella parte in cui non riconosce ai membri della Real Casa il diritto ad un'indennità di esproprio, ed ha conseguentemente condannato la Repubblica Ellenica al pagamento delle somme di euro 12 milioni a S.M. il Re Costantino II, 900 mila alla Principessa Irene e 300 mila alla Principessa Caterina, ed al rimborso delle spese processuali che sono state liquidate in � 500 mila.
Si tratta dunque di una mezza vittoria, in quanto Sua Maestà non potrà rientrare in possesso delle proprietà espropriate, che comprendono le tombe dove riposano i Suo Avi, poiché il governo greco si è fermamente opposto a qualsiasi risarcimento in forma specifica.
Nel corso della conferenza stampa del 5 dicembre, S.M. il Re Costantino II ha dichiarato che le somme ottenute saranno destinate a costituire un fondo umanitario, intitolato a S.M. la Regina Anna Maria, per aiutare i greci in difficoltà e specialmente le vittime di catastrofi naturali (alluvioni, terremoti, ecc.).
Risarcimento per Re Costantino di Grecia

A questo punto visto che l'Italia e la Grecia fanno parte dell'UE, l'Italia non dovrebbero fare la stessa cosa?

Infine la risposta del governo alla richiesta dei Savoia della restituzione dei beni confiscati alla famiglia reale è stata dettata dalla stizza più che da una analisi serena della situazione.
Anzi è grave che non abbia solo rifiutato la richiesta - una risposta quasi ovvia in ogni causa - ma abbia minacciato di chiedere a sua volta causa ai Savoia.
Di cosa ?
Del fascismo? Ma non erano fascisti quasi tutti gli italiani?
Della guerra? Ma non l'ha voluto Mussolini?

Altro che pacificazione, una delle colpe più gravi della repubblica è di aver alimentato spesso odio e scontro, di dividere gli italiani e di indebolire la nostra identità.
L'odio poi della repubblica nei confronti dei Savoia ed in genere della monarchia è patologico.

Comunque sia c'è un aspetto positivo per tutti gli italiani, che va ben oltre se siamo monarchici o repubblicani o come finirà, infatti la vicenda ci obbliga a ripensare al nostro passato, a riscrivere certi passi della recente storia.

L'Italia non è nata con la repubblica, c'era già prima, grazie alla Monarchia viviamo insieme e parliamo italiano.
Il grande inganno della repubblica è la rimozione di alcuni passaggi della nostra Storia, ma non si può mai dimenticare la Monarchia ed i Savoia.

Emanuele Filiberto: non lo facciamo per i soldi, ma per giustizia. Lo Stato italiano ha sbagliato, deve pagarci

Emanuele Filiberto di Savoia affida ad una lettera le ragioni che lo hanno spinto insieme a suo padre Vittorio Emanuele a fare causa allo Stato italiano: "Nella stampa di oggi - scrive Emanuele Filiberto - tutto è stato incentrato sulla causa che mio padre ed io abbiamo intenzione di intentare contro lo Stato italiano per la violazione della Convenzione Europea sui Diritti dell'Uomo. Si è cercato di stravolgere con ironia il senso stesso dei fatti cercando di dipingerci come degli individui bramosi di denaro che in barba alle tasche degli italiani vogliono ottenere indennizzi milionari". Non una parola, nella lunga lettera, sulle responsabilità di casa Savoia durante l'era fascista e dopo l'8 settembre.

E invece...
"Vorrei esprimere la verità sull'argomento - afferma Emanuele Filiberto - e soprattutto i sentimenti che mi hanno spinto in una scelta quanto mai difficile: fare causa al mio Paese. Tutto inizia nel Giugno del 1946, all'indomani del referendum istituzionale che decretò la vittoria della repubblica (referendum i cui metodi e successivi risultati sono sempre stati oggetto delle più ampie riserve da parte di giuristi, la stessa Corte di Cassazione, e di storici) quando mia nonna e mio padre prima e mio nonno Re Umberto II poi, partirono per un esilio "temporaneo" che durò di fatto tutta la vita per mio nonno, cinquantasei anni per mio padre e trent'anni per me, che in esilio sono nato. Quel mese di giugno - prosegue Emanuele Filibero - fu per la nostra famiglia un momento drammatico ed indimenticabile; partimmo lasciando tutto nel nostro Paese, quello stesso Paese che divenne Patria Unita grazie alla mia famiglia, lo stesso Paese che ci ha condannati ad un'esistenza di cittadini diseguali, privati, da una Costituzione iniqua, di ogni diritto civile (cittadinanza, diritti elettorali, diritti alla proprietà, diritti alla libertà di espressione e di circolazione nella propria nazione)".

Una vita dimezzata
"Vorrei per un momento - prosegue la lettera di Emanuele Filiberto - portare l'attenzione del lettore su questo aspetto perché è fondamentale per comprendere la nostra vita dimezzata: in un mondo in cui i diritti dell'Uomo sono garantiti da un'apposita normativa internazionale l'Italia ha emanato una Costituzione contraria a queste leggi che ha modificato, sospendendo parzialmente gli effetti dei commi in contrasto, solo cinquantasei anni dopo la sua entrata in vigore".

Re Umberto II? Lasciò l'Italia per evitare la guerra civile
Scrive poi Emanuele Filiberto che il padre Vittorio Emanuele conserva "preziosamente"l'ultimo ricordo della sua infanzia, sul balcone del Quirinale "davanti ad un'immensa folla plaudente tenuto per mano da suo padre Umberto II appena divenuto Re d'Italia". "D'un tratto - scrive ancora - si è trovato trasportato con mille peripezie in un paese lontano, il Portogallo, poi dopo pochi mesi è stato trasferito in Svizzera per frequentare un collegio: lontano dalle persone care, dagli affetti, dalla sua Patria. Per tutta la vita ha vissuto come un uomo incompleto, e per tutta la vita ha lavorato sodo per mantenere la sua famiglia privata di ogni proprietà e di ogni diritto. Nonostante questo ha cercato di essere utile all'Italia sostenendone l'imprenditoria a livello internazionale. Mio nonno, Re Umberto II, fu un uomo dalla dignità insuperabile con un profondo amore per gli italiani: fu un esempio per tutti. Ha lasciato l'Italia per evitare una guerra civile, nonostante i brogli elettorali; ha sofferto in Portogallo con il solo sogno di poter un giorno rivedere la sua Patria, purtroppo non gli è stato consentito neppure morire in Italia e ancora oggi riposa in terra straniera. Nonostante questo ha donato al popolo italiano l'ultima sezione del Corpus Nummorum Italicorum: la più vasta collezione di monete antiche d'Italia dal valore inestimabile".

A chi andrebbero i soldi del risacimento
Per quanto lo riguarda Emanuele Filiberto crive poi che "e' vero ho vissuto una bella infanzia con una famiglia unita ed amorevole, non mi e' mancato materialmente nulla ma certamente mi è mancata la mia Patria che vedevo dalle cartoline che i tanti italiani mi spedivano. Tutta questa sofferenza e' stata provocata da una norma non solo ingiusta ma contraria a leggi internazionali chiare e limpide. Dopo una lunga e sofferta riflessione mio padre ed io abbiamo deciso di procedere mettendo in mora lo Stato Italiano per i danni patiti a causa dell'esilio per un importo di circa 260 milioni di euro. Abbiamo anche voluto evidenzare che lo Stato ha avocato a se' tutti i beni privati di Casa Savoia: beni che provenivano dal patrimonio personale che nulla aveva a che fare con la dotazione del Capo di Stato. Questa causa verrà dibattuta nelle sedi di giustizia e sarà la giustizia a decidere se la ragione è dalla nostra parte. La Convenzione sui Diritti dell'Uomo lo ha gia' sancito: molti sono gli esempi di Stati che hanno dovuto versare indennizzi a famiglie reali ingiustamente private dei diritti civili".

Emanuele Filiberto spiega poi di aver dato mandato ai suoi legali Murgia e Calvetti di costituire la Fondazione Savoia a cui sarebbe andata la cifra ottenuta dalla causa contro lo Stato. "Questa cifra - affferma - dovrà essere utilizzata per azioni concrete a sostegno delle fasce deboli della popolazione italiana con particolare attenzione agli anziani, alle famiglie prive di reddito o con redditi inferiori alla soglia di sussistenza e a giovani a cui fornire gli strumenti per costruire un proprio futuro. Non voglio fare moralismi ma credo che non ci sia fatto più grave in un paese democratico di privare il cittadino dei suoi diritti civili e della libertà, questo è accaduto alla mia famiglia e questo, purtroppo, spesso accade ingiustamente a molti italiani. La sofferenza patita per una vita intera ha un prezzo? Non per me - conclude - ma chi ha sbagliato è giusto che paghi".
rainews

martedì, novembre 20, 2007

Re Juan Carlos zittisce il presidente Chavez

Al summit Ibero-Americano a Santiago del Cile, il re di Spagna, Juan Carlos, ha puntato il dito contro il presidente venezuelano Hugo Chávez e gli ha chiesto, perché non ti stai zitto?, dopo che Chávez aveva definito l'ex primo ministro spagnolo José María Aznar un fascista, e dopo che José Luis Rodríguez Zapatero, l'attuale primo ministro spagnolo, aveva cercato di difendere Aznar.

Con questo intervento - ormai presente in ogni mezzo di informazione - Juan Carlos ha voluto giustamente difendere la Spagna dimostrando di essere un grande Re.





Grande Re Juan Carlos hai dimostrato, ancora una volta, che la Monarchia è meglio della repubblica!


Juan Carlos, la rinascita «Nuovo eroe spagnolo»

Consensi bipartisan dopo la lite con Chávez

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MADRID - Troppo tardi. Per quanto, come in una celebre tavola di Novello, Hugo Chávez si sforzi di rendere sempre più sferzante la risposta che non ha dato, faccia a faccia con Juan Carlos, il focoso confronto al vertice Ibero-americano passerà alla storia come un secco kappaò.

Manca poco che quel «por qué no te callas?», perché non taci?, con cui il re ha interrotto le contumelie del presidente venezuelano all'indirizzo dell'ex premier José Maria Aznar, diventi il ritornello dell'inno nazionale spagnolo, ancora in attesa di un paroliere. Da sabato scorso, quando il sovrano ha prima pubblicamente zittito il presidente Chávez e poi ha abbandonato la seduta conclusiva del vertice, in polemica con gli attacchi agli imprenditori spagnoli del presidente nicaraguese, Daniel Ortega, il popolo iberico si è riscoperto unito e devoto a Sua Maestà.

Con l' 84 per cento di consensi raccolti dal re con il recente viaggio alle enclave spagnole di Ceuta e Melilla, contestato dal governo marocchino, una ola di patriottismo eleva la Corona a paladina dell' onore nazionale: «Se domani si celebrassero le elezioni alla presidenza della Terza Repubblica - ipotizza Enric Juliana, vice direttore de La Vanguardia - e don Juan Carlos di Borbone si presentasse candidato, come fece a suo tempo re Simone di Bulgaria, l' attuale monarca sarebbe eletto con amplissima maggioranza».

E proprio oggi esce in Spagna un libro che celebra il carisma internazionale di Juan Carlos all' estero, Sulle orme del re, della giornalista televisiva Carmen Enríquez, che lo ha seguito per 17 anni e che non poteva scegliere momento migliore per raccontarlo, attraverso le testimonianze dei capi di Stato che lo hanno incontrato, da Bill e Hillary Clinton a Fidel Castro, che si è proclamato «realista» al defunto Yasser Arafat che lo aveva definito il «re di Gerusalemme».

Eppure soltanto un paio di mesi fa, le sue foto venivano bruciate dagli indipendentisti nelle piazze catalane, si discuteva se i falò eccedessero o no il diritto di critica alla Casa Reale, il cui principe ereditario, Filippo, era stato sbeffeggiato con la moglie sulla copertina del settimanale satirico El Jueves (i giornalisti sono stati condannati ieri a una multa di 3.600 euro a testa).

L'annus horribilis, iniziato lo scorso autunno con le accuse di un giornale russo, secondo cui Juan Carlos avrebbe ucciso, in una partita di caccia truccata, un orso domestico, ubriacato per ordine di Putin, si conclude sull'onda di un inaspettato trionfo. Appena amareggiato nelle ultime ore dalla notizia ufficiale della temporanea separazione di una delle due figlie, l'

Infanta Elena dal marito Jaime de Marichalar. I due principali partiti politici, il Psoe di Zapatero, al governo, e il Pp di Mariano Rajoy, all' opposizione, si sono compattati nell' incondizionata approvazione al sovrano. Rimangono fredde, o critiche, soltanto l' Izquierda Unida, storica amica di Chávez, e l'Esquerra Repubblicana de Cataluña, che non vedeva nulla di tanto grave nei roghi di foto reali e aveva disapprovato l' intervento della magistratura.

Ancora poche settimane fa, all'inizio di ottobre Juan Carlos si era dovuto difendere da solo, in un discorso all'università di Oviedo, ricordando che la monarchia parlamentare aveva garantito alla Spagna il più lungo periodo di stabilità. La visita a Ceuta e Melilla, forse, era stata una mossa astuta, pianificata dal governo per rialzare le quotazioni reali. Ma l'incidente con Chávez è stato un regalo del destino e del leader venezuelano al re.
Dopo un anno difficile di gaffe e polemiche il sovrano riconquista i «sudditi» «Se si candidasse, lo eleggerebbero»

Rosaspina Elisabetta
corriere della sera

lunedì, novembre 19, 2007

Anniversario del Matrimonio della Regina Elisabetta II


Sua Maestà la Regina Elisabetta II è la prima sovrana inglese a festeggiare le nozze di diamante.

Il matrimonio reale avvenne 60 anni fa, il 20 Novembre 1947.

GOD SAVE THE QUEEN


Ecco un video del matrimonio reale
HM the Queen's Wedding Day



Dal sito ufficiale della Monarchia Britannica
Diamond Wedding Anniversary
of The Queen and The Duke of Edinburgh.

giovedì, novembre 15, 2007

In Austria abolire la repubblica per ristabilire un regno


Schwarz-Gelb
"Demokratische Monarchie ist die beste Staatsform"
La Monarchia Democratica è la migliore forma di governo.

Praga, Nov 14 (CTK) - Lunedì scorso a Vienna i monarchici cechi sono stati gli unici stranieri a partecipare ad una manifestazione organizzata dai monarchici austriaci che chiedeva, dopo 89 anni, di abolire la Repubblica austriaca per ristabilire un impero o regno.

I rappresentanti del Partito della Corona Ceca (KC) hanno chiarito che la collaborazione con i monarchici austriaci non significa che i cechi voglio essere nuovamente uniti all'Austria sotto un unico sovrano.

"Siamo venuti per sostenere i gli austriaci, che hanno esigenze simili a noi," ha detto il segretario di KC Petr Nohel.

I monarchici austriaci vogliono conservare tutte le istituzioni democratiche, compreso il parlamento, ma vorrebbero avere a capo dello Stato un imperatore o un re.

I Ceca condividono queste idee. "In una costituzione democratica, la monarchia è una garanzia di stabilità, come dimostrato da molti paesi occidentali, come la Gran Bretagna, i Paesi Bassi," ha detto Nohel.


Czech monarchists march in Vienna
By ČTK / Published 15 November 2007

Prague, Nov 14 (CTK) - Czech monarchists demonstrated in Vienna on Monday as the only foreigners to have attended a rally of the Austrian proponents of the monarchy asking the abolition of the Austrian Republic after 89 years and re-establishment of an empire or kingdom, the daily Lidove noviny (LN) writes today.

However, representatives of the Czech Crown Party (KC) say the cooperation of the Czech and Austrian monarchists does not mean that Czechs would like to be united again with Austria under a single ruler, LN writes.

"We have come to support our Austrian counterparts who have similar demands," KC secretary Petr Nohel told the paper.

The Austrian monarchists want to preserve all democratic institutions, including parliament, but they would like to see an emperor or a king at the head of the state, LN writes.

Their Czech counterparts share their ideas. "In a democratic constitution, monarchy is a guarantee of stability, as proved by many Western countries such as Britain or the Netherlands," Nohel said.

praguemonitor


altri link

diepresse

oe24

martedì, novembre 13, 2007

Il calcio muore in uno stato malato


L'uccisione del giovane laziale non ha nulla a che vedere con il calcio, è stata una tragedia che poteva accadere davanti a un bar o in una stazione.

L'aspetto più grave e inquietante è quello successo dopo negli stadi e la violenta reazione dei tifosi nella strade.
In seguito alla tragedia provocata, a quanto pare, da un errore umano, invece di esprimere gesti di solidarietà umana nei confronti del povero ragazzo ucciso, gli ultrà hanno deciso che non si doveva giocare e dichiarare guerra nei confronti delle forze dell'ordine.

Ormai il calcio, che per fortuna non seguo, è un ambiente corrotto che non ha più niente a che fare con lo sport, ai calciatori interessa solo guadagnare e comparire in tv.
Piuttosto rimane l'amarezza vedere che alcuni giovani si facciano plagiare dal calcio, un mondo non certo da seguire.

Visto che non è la prima volta che succedono casi del genere, in qualche modo esiste un codice non scritto che unisce la tifoseria estrema di tutte le squadre in base al quale si deve reagire in maniera violenta alle forze dell'ordine.
Infatti stupisce che i tifosi si trovano uniti e compatti nella battaglia contro i poliziotti quando in altre occasioni combattano tra loro a colpi di spranghe per difendere la propria squadra.

A questo punto bisogna chiederci perchè succedono cose del genere?
Cosa unisce i tifosi?

Non voglio difendere certo quei terroristi che si nascondono dietro un pallone, ma non sono certo la causa ma l'effetto.
I tifosi rappresentano un grave disagio sociale.
Infatti ai giovani mancano i punti di riferimento, anche la famiglia è minacciata, non esistono più gli ideali, esempi da seguire, ormai importante è l'apparenza e l'avere.
Di fronte a questa situazione lo stato e la classe politica hanno gravissime responsabilità.
Alcuni politici - anche loro figli di ideologie - tendono dare al fenomeno un marchio ideologico, si dice che i romani sono di sinistra, i laziali di destra ed amenità del genere.
Ormai in italia la destra e sinistra rappresentano il passato, e quindi è assurdo ragionare seguendo questa logica.

Purtroppo in Italia, dopo il caso Carlo Giuliani e l’elezione della madre al Senato, si è creata una sorta di odio autorizzato contro le forze dell’ordine, ci sono forze politiche che hanno una responsabilità gravissima nella criminalizzazione dell’operato delle forze dell’ordine.
Inoltre l’attuale governo ha messo in ginocchio l’operatività delle forze dell’ordine con tagli su tagli.

In realtà i tifosi (o meglio i giovani) sono arrabbiati con la società e lo stato.
I giovani non credono più allo stato, considerano le istituzioni nemiche, la classe politica è lontano anni luce da loro, la corruzione domina quasi ovunque.
E' sempre più difficile trovare lavoro, il potere d'acquisto diminuisce, la violenza aumenta ...

Se addirittura i giovani hanno paura del futuro - che rappresentano il futuro - significa proprio che c'è assoluto bisogno di una nuova società e stato.
Il cosiddetto progresso - che si fonda su assurde ideologie - ha realizzato una società malata e sbagliata.

Siamo ancora in tempo di ricostruire un mondo diverso e più in armonia con la natura e l'uomo?
Questa è la vera sfida!

lunedì, novembre 12, 2007

La strage di Nassiriya


A Nassiriya il 12 novembre 2003, alcuni nostri Carabinieri e militari, nell’adempimento del loro dovere in Iraq e fedeli alle più pure tradizioni dell’Arma Benemerita e delle nostre Forze Armate, furono colpiti con inaudita ferocia e vigliaccheria.

Il primo pensiero è per i Caduti e le loro famiglie, sperando che la pace possa tornare finalmente a regnare sulla tormentata nazione irachena.

domenica, novembre 11, 2007

Pujo un grande monarchico francese

Ieri è deceduto a Parigi, all'età di 77 anni, Pierre PUJO, presidente dell'ACTION FRANCAISE e direttore del mensile AF 2000.

Pierre Pujo era figlio di Maurice Pujo, nel 1898 fondatore di AF insieme a Charles Maurras ed Henri Vaugeois.

Seguendo le orme di Maurras - fondatore ideologico del movimento - ha sempre lottato in difesa della Francia tradizionale e dell'idea monarchica.


I funerali di Pierre Pujo si svolgeranno alla chiesa di Madeleine a Parigi, Venerdì 16 novembre alle 9.

Insieme al popolo francese, tutti i Principi della Casa della Francia hanno confermato la loro presenza.

Nel ricordo tutti i monarchici chinano le loro bandiere.


Pierre Pujo, royaliste





venerdì, novembre 09, 2007

Il Muro di Berlino è caduto anche in Italia?


Il muro di Berlino è esistito dal 13 agosto 1961 fino al 9 novembre 1989, quando finalmente cadde.

Purtroppo in Italia nonostante la legge che fissa nel 9 novembre il Giorno della libertà quale ricorrenza della caduta del muro di Berlino - evento simbolo per la liberazione di Paesi oppressi e auspicio di democrazia per le popolazioni tuttora soggette al totalitarismo - il governo non ha assunto iniziative per commemorarlo, nessuna circolare nelle scuole e nelle istituzioni per discutere e ricordare la fine dell’oppressione comunista in Europa.

Al contrario i media hanno dato spazio alle assurde dichiarazioni di Diliberto che ipotizzò il trasferimento del corpo di lenin da mosca a Roma.
Leggete un mio post precedente.

Ritengo sia davvero grave il silenzio delle istituzioni repubblicane su questo evento epocale, nonostante la legge preveda che in occasione di questa giornata siano organizzati cerimonie ufficiali ed approfondimenti nelle scuole per illustrare il valore della democrazia e della libertà e per evidenziare gli effetti nefasti dei totalitarismi passati e presenti.
Perché questo silenzio?

Evidentemente il 9 novembre, che rappresenta la fine dell’oppressione comunista, è per la repubblica italiana una ricorrenza molto scomoda.

Il governo prodi non ha commemorato la caduta del muro di Berlino per non urtare la suscettibilità dei suoi alleati, con in testa Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani.

Inoltre segnalo che la prima pagina del sito ufficiale del Quirinale del 9 novembre è stata dedicata alla celebrazione della Giornata Nazionale per la Ricerca sul Cancro e nessuna accenno anche nelle pagine interne all'anniversario del Giorno della libertà.

Naturalmente massimo rispetto per la Ricerca sul Cancro ma perché celebrarla proprio il giorno dell'anniversario della caduta del Muro di Berlino?

Mi sbaglierò ma alle volte pensando male si azzecca.
Non è che si è dimenticato di celebrare l'anniversario del Giorno della libertà proprio per togliere dall'imbarazzo napolitano che a questo punto avrebbe dovuto parlare sul muro di Berlino e sulla oppressione del comunismo?

Economia in Europa ed in Italia

La Commissione Ue ha presentato il suo rapporto annuale sulla Competitività nell’Unione.
La prestazione complessiva dell’economia europea è migliorata nel 2006, c'è stato il tasso di crescita più alto di questo secolo (3%), è ridotta la distanza nei confronti dell'USA, ma in questa situazione c’è chi corre - come Svezia, Germania, e Francia - e chi avanza troppo piano, come l’Italia.

Da questo studio si evince che In Italia un’ora di lavoro genera un decimo di PIL in meno rispetto alla media europea, mentre la Germania e la Francia ne sfornano rispettivamente l’8,5 e 15,9% in più e, al contrario degli altri stati, fra il 2000 e il 2005 in Italia la produttività media del lavoro è scesa.

Inoltre il rapporto tra il pil ed il numero delle persone occupate attribuisce all’Italia il dodicesimo posto nell’Ue, in Italia un’ora di lavoro mette in circolo l’88,2 per cento della ricchezza generata nella media Ue, un dato basso anche tenendo conto la correzione legata al sommerso.
Fra il 2000 ed il 2005 il prodotto italiano pro capite è aumentato di appena lo 0,1% nella media annua, un risultato davvero molto scadente che nemmeno l’economia in nero può compensare il divario con i grandi partner europei, Francia (0.8), Germania (0,6), Spagna (1,7) e Regno Unito (2).

Nel 2006 le cose sono andate meglio, siamo saliti all’1,4%, poco più della metà della media europea (2,3), comunque in ritardo.
Il calante tasso medio di produttività del lavoro per persona impiegata (-0,1% annuo nel 2000-2005), se coniugato con l’aumento della popolazione occupata (o emersa), vuol dire che sono state usate più braccia per fare di meno.

Altri dati :
- Incremento Pil procapite e spese ricerca sotto la media europea per l'italia.
- cresce la competitivita' in Europa ma l'Italia resta indietro.
- gli italiani sono agli ultimi posti tra i vecchi 15 paesi europei, con un incremento della ricchezza piu' basso della media Ue.
- Inferiore alla media europea anche la spesa in Ricerca e Sviluppo.
- Le bollette di luce e telefono sono salate e le infrazioni pendenti alla Corte Ue raggiungono livelli record.

L’analisi della Commissione è l'ennesima bocciatura dello stato repubblicano italiano.
Ma chi sta uccidendo un grande paese potenziale come l'Italia?

La grave situazione nella quale si trova l'italia è causata da una serie di fattori come la poca innovazione, la burocrazia, riforme in ritardo e finanza pubblica inefficiente, oppure per lo scarso numero di laureati tecnologici, per gli pochi soldi per la ricerca, oppure ancora per gli alti costi, i lunghi tempi per aiutare un’impresa....
L'elenco è molto lungo ma in fondo la colpa è della classe politica e dello stato repubblicano.
La scarsa crescita della produttività italiana riassume in sé gran parte dei mali dell’apparato produttivo del Paese.

Dietro un’apparente creatività e successi in nicchie - la moda ed alcune tradizioni artigianali convertite con successo in industrie fiorenti - si sta verificando uno scivolamento di un Paese.
Una volta l'Italia era leader in Europa in alcune settori - elettronica e chimica - ma con incredibile disinvoltura lo stato repubblicano ha costretto la loro chiusura, ad esempio si è sbarazzato di una grande industria farmaceutica come Farmitalia Carlo Erba, e così facendo siamo scesi dal treno in corsa del quale occupavamo alcuni dei vagoni di testa.

Diciamo la verità.
In Italia lo stato e la classe politica hanno enorme responsabilità del collasso della economia, hanno fermato la creatività italiana, lo stato repubblicano ha sempre capito ben poco di economia e produttività - anche perchè legato ai dogmi imposti dal comunismo - e quindi per porre rimedio a questo grave situazione c'è bisogno di un'altra classe politica.
In questo drammatico contesto - inesistenza di una vera Politica e Stato efficiente capaci di contrastare il globalismo e di difendere il lavoro e la creatività degli italiani - il globalismo mette in ginocchio l'Italia.

Per prima cosa per elaborare una corretta analisi della economia e società si deve liberarsi delle ideologie del passato, si deve intraprendere una nuova politica industriale fondata sull’innovazione, identificare su quale vagone dell’economia internazionale si deve saltare prima che sia troppo tardi.
Si deve lavorare su molti fronti e sulla innovazione, aumentare il reddito e produttività, concentrando la propria attenzione sull’industria finanziaria, su un nuovo tipo di turismo, sull’istruzione superiore e su alcuni settori industriali molto sofisticati come la genetica ed informatica .

E' ancora possibile sperare in un futuro migliore ?
Dov'è la nuova classe politica?
Quando nascerà un altro stato?

mercoledì, novembre 07, 2007

Lenin, la mummia della repubblica italiana


Forse Vladimir Putin ha deciso di sfrattare il sarcofago di Lenin e chiudere il mausoleo, la Russia post comunista sembra aver capito che l'ideologia comunismo fu un grave errore, e non è un caso che la bandiera della russia sia ritornata essere quella dello Zar.

In questi giorni il segretario del Pdci Diliberto è andato a Mosca per commemorare i 90 anni della Rivoluzione d'ottobre e visitando il mausoleo di Lenin ha affermato che se la Russia non vuole più la mummia di Lenin intende portarla a Roma.

Qualcuno la considera solo una provocazione, ma l'affermazione di Diliberto ha un significato politico e culturale molto profondo, e cioè che il comunismo è più radicato e difeso in Italia che in Russia.

Ma perchè? La risposta è semplice. Come in russia, anche in italia il comunismo è stato fondamentale per la nascita della repubblica, le colonne portanti dello stato repubblicano sono il PCI e la DC (il cattocomunismo), la DC ebbe sempre più voti ma il PCI - forte e considerata vincente - riuscì sempre ad imporre le sue idee ed in particolare a trasformare la cultura e società a suo piacere.
Inoltre dopo la guerra solo il nazismo fu sconfitto e perciò l'altra ideologia - il comunismo - ebbe modo di rafforzarsi ed espandersi in tutto il mondo (compreso l'italia).
La Storia ha voluto che l'Italia abbia fatto parte dell'occidente e quindi la dittatura comunista non ha potuto imporsi, ma questo permise al PCI di occupare i gangli dello stato fino ad conquistare il quirinale.

Nel nostro paese l'abbandono definitivo dell'ideologia comunista, e quindi anche la nascita di una sinistra moderna, è possibile solo se nasce una nuova costituzione non più condizionata dall'ideologia comunista, deve succedere che la repubblica sia sostituita da un altro tipo di stato.

L'orrenda polemica sulla mummia di Lenin conferma come la politica italiana sia veramente messa male.

Ma davvero c'era bisogno di dare spazio sulla salma di Lenin? Davvero siamo ancora alla difesa delle reliquie laiche del comunismo?
E' incredibile, ma la teoria materialistica del comunismo internazionale ha bisogno di una mummia, deve attaccarsi all'iconografia mortuaria della sinistra storica. Invece di limitarsi a storicizzare la vita e le opere di Lenin, esiste un sentimento irrazionale della sinistra italiana che la spinge a conservare il corpo, è pietoso vedere un corpo decomposto trasformato in totem.

A questo punto una domanda: I comunisti o post comunisti cambieranno mai?


E visto che si parla di rientri e sepolture, in Italia dovrebbero invece trovare la loro storica sepoltura i nostri re e le nostre regine, tuttora sepolti in terra straniera.

Un'altra vergogna della repubblica italiana.

martedì, novembre 06, 2007

Cristianesimo ed Islam


Incontro storico tra il Pontefice Benedetto XVI ed il re dell'Arabia Saudita Abdullah II, è la prima volta che il Custode delle due Sacre Moschee della Mecca e di Medina viene ricevuto da un Pontefice

Questo evento è molto importante perchè unisce la dimensione religiosa e quella politica e stabilisce l'impegno comune per la pace e per le richieste legittime del riconoscimento della libertà religiosa.

C'è da segnalare che nello Stato dell'Arabia Saudita è un reato professare una religione diversa dall'Islam e che l'udienza è significativa anche perché si svolge in assenza di rapporti diplomatici tra Santa Sede e Arabia Saudita, anche se negli ultimi mesi si sono registrati segnali di disgelo.




Storico incontro in Vaticano tra il Papa e il re dell’Arabia Saudita. Sottolineato l’impegno per la pace e il dialogo interreligioso

I colloqui, si legge nella nota della Sala Stampa, “si sono svolti in un clima di cordialità e hanno permesso di toccare temi che stanno a cuore” al Papa e al re saudita. “In particolare - informa la nota - si sono ribaditi l’impegno in favore del dialogo interculturale ed interreligioso, finalizzato alla pacifica e fruttuosa convivenza tra uomini e popoli, e il valore della collaborazione tra cristiani, musulmani ed ebrei per la promozione della pace, della giustizia e dei valori spirituali e morali, specialmente a sostegno della famiglia”. Nell’augurio di prosperità a tutti gli abitanti del Paese da parte delle autorità vaticane, “si è fatto menzione della presenza positiva e operosa dei cristiani”. Non è mancato, infine, conclude la Sala Stampa, “uno scambio di idee sul Medio Oriente e sulla necessità di trovare una giusta soluzione ai conflitti che travagliano la regione, in particolare quello israeliano-palestinese”.


Nell’edizione odierna, L’Osservatore Romano, sottolinea che grazie a re Abdallah il regno saudita “ha assunto negli ultimi anni un importante ruolo di mediatore nei conflitti nel Vicino e nel Medio Oriente”. Alla visita del sovrano saudita, prosegue il quotidiano, possono ben adattarsi le parole con cui il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, ha recentemente definito le relazioni tra cristiani e musulmani. "La cosa importante - ha sottolineato il porporato - è conoscersi, conoscersi, conoscersi. Ognuno di noi ha sempre qualcosa da imparare dall'altro”.

radiovaticano

domenica, novembre 04, 2007

4 novembre 1918

Vittorio Emanuele III, il Re Soldato, portava alla vittoria l’Italia.
La prima pagina de “La Domenica del Corriere” dopo la Vittoria.

La Vittoria della Prima Guerra Mondiale è la più importante impresa della nostra storia, per la prima volta gli italiani furono un esercito solo, per restituire alla Patria i suoi naturali confini.

In quest’ora solenne ricordiamo i Caduti il cui esempio deve guidare gli italiani.
In realtà i Caduti non muoiono sui campi di battaglia e non spariscono nei sacrari, ma soltanto quando sono dimenticati !
Se così succede allora vuol dire che il popolo vivente non è più degno del grande popolo dei morti!


Una volta il 4 novembre era la ‘Festa delle Forze armate’ durante la quale le caserme erano aperte al pubblico.
In seguito la repubblica cambiò nome alla festa che, invece della ‘Festa delle Forze armate’, divenne ‘Festa dell’Unità nazionale e delle Forze armate’.
E' un messaggio fuorviante, perchè l’unità nazionale fu proclamata il 17 marzo 1861 con la proclamazione del regno d’Italia e non il 4 novembre 1918.

Evidentemente la "vulgata repubblicana" vuole normalizzare tutto, anche questa festa, cioè cancellare che la Vittoria fu del Regno d'Italia (e non della repubblica) e che la festa dell'Unità nazionale è il 17 marzo 1861 (proclamazione del Regno d’Italia)