Articoli in evidenza:

venerdì, marzo 30, 2007

innovazione repubblicana



Nella classifica globale del Network Readiness Index stilata dal World Economic Forum l'Italia è al 38esimo posto.
(tre anni fa era scesa dal 28esimo al 45esimo)

Questo è un dato preoccupante perchè in sintesi certifica come in Italia tutti i nodi fondamentali della società dell'informazione (diffusione ed efficienza della tecnologia, rete, cultura digitale .. ) non brillano certo, il cosiddetto "processo di informatizzazione" avanza troppo lentamente rispetto agli altri stati.

In particolare l'aspetto molto preoccupante è il quadro normativo, i regolamenti governativi e l'alta imposizione fiscale.

Come se bastasse, il Global Information Technology Report assegna all'Italia una "capacità di innovazione" inferiore a quella di paesi come Qatar, Tunisia o Thailandia e posiziona il Belpaese subito sopra Lituania, Barbados e Slovacchia.

Al contrario sono i paesi del Nord Europa ad emergere nella rivoluzione digitale: oltre alla già citata Danimarca, tra i primi 10 della classifica si collocano Svezia, Finlandia, Olanda, Islanda e Norvegia.
Tra i maggiori paesi dell'Unione Europea, solo il Regno Unito si attesta su un dignitosissimo nono posto.
puntoinformatico

Osservazione.
L'Italia continua ad arrancare nell'ICT (Information and Communications Technology), perchè il recupero di 4 posizioni non rappresenta un segnale forte di ripresa, anzi rimane incolmabile la distanza dell'Italia dagli altri membri del G7.
Visto che l'aspetto molto preoccupante è il quadro normativo, i regolamenti governativi e l'alta imposizione fiscale è evidente che per cercare di riacquistare competitività nel settore ICT è necessario che ci sia anche una classe politica che stabilisca vere liberalizzazioni del mercato delle telecomunicazioni, nonché aiuti l'impegno dei privati ad investire maggiormente in settori, come il mercato della banda larga.
Per modernizzare l'Italia occorre un forte ed efficace coordinamento tra le Istituzioni e la Società, ma questo è il problema irrisolvibile perchè il sistema repubblicano è completamento lontano dalla società, dagli italiani e dai lavoratori.

Un esempio che dimostra l'incapacità delle istituzioni repubblicane :
il portale nazionale del turismo cioè italia.it
un sito stanziato dal governo, fatto male ma che è costato 45 milioni di euro, una somma enorme per un sito internet.
Questo mega portale del turismo, criticato in modo pressoché unanime da esperti, sviluppatori e blogger, contiene “macroscopici errori” che vanno corretti al più presto per evitare danni.
Leggete qui

giovedì, marzo 29, 2007

Stipendi repubblicani



Secondo una ricerca pubblicata dall' Eurispes, in Europa il potere di acquisto di un lavoratore italiano è al penultimo posto, superiore solo a quello di un portoghese.
CLASSIFICA PER STIPENDI.
Gran Bretagna 28.007, Olanda 23.289, Germania 21.235, Irlanda 21.112, Finlandia 19.890, Danimarca 18.735, Francia 19.731, Belgio 19.729, Spagna 17.412, Grecia 16.720, Italia 16.242, Portogallo 13.136.

Inoltre l'Eurispes specifica che
negli ultimi tre anni la nostra posizione è peggiorata: nel 2004 ed ancora nel 2005 le nostre retribuzioni nette erano superiori a quelle greche e appena inferiori a quelle spagnole: solo nel 2006 vi è stato il sorpasso della Grecia.


L'effetto congiunto dell'erosione del potere d'acquisto causata dall'inflazione, dell'elevato peso del cuneo fiscale e della contenuta dinamica salariale insieme concorrono a spiegare buste paga fra le più leggere d'Europa.
L'inflazione - conclude lo studio - ha infine giocato un ruolo non trascurabile nel deprimere i salari dei nostri lavoratori in termini di potere d'acquisto: essa infatti negli ultimi quattro anni ha avuto un andamento decisamente superiore alla crescita dei salari lordi calcolati in euro riducendo ulteriormente il valore reale dei salari netti in termini di potere d'acquisto.

Crescono poco i salari in Italia e comunque molto meno degli altri paesi europe.

In Italia il costo medio in euro per ora di lavoro è inferiore a quello di tutti paesi europei ad eccezione della Spagna, della Grecia e del Portogallo.

A questo punto una osservazione :
ma cosa fanno i sindacati in Italia ?

Ah già, ora ci sono !
CGIL CISL UIL fanno politica, anche loro sono diventati dei partiti e quindi pensano ai loro interessi ....

Poveri lavoratori italiani...


Lavoro, Eurispes: Salari italiani tra i più bassi d'Europa

salari in Italia sono tra i più bassi in Europa, e in termini di potere d'acquisto addirittura inferiori a quelli della Grecia e superiori, in Europa, solo a quelli del Portogallo. È quanto emerge da una ricerca dell' Eurispes intitolata "Povero lavoratore: l'inflazione ha prosciugato i salari".

Inoltre negli ultimi tre anni, specifica l'Eurispes, "la nostra posizione è peggiorata: nel 2004 ed ancora nel 2005 le nostre retribuzioni nette erano superiori a quelle greche e appena inferiori a quelle spagnole: solo nel 2006 vi è stato il sorpasso della Grecia".

Quindi - si legge nel rapporto - se a fine mese un dipendente italiano mette in tasca mediamente 16.242 euro, un tedesco arriva a 21.235, un inglese a 28 mila.
Prendendo in considerazione il periodo 2000-2005, l'istituto demoscopico sottolinea che "mentre vi è stata una crescita media del salario comunitario (per l'insieme dei paesi europei) del 18%, nel nostro Paese i lavoratori dell'industria e dei servizi (con esclusione della Pubblica amministrazione) hanno visto la propria busta paga crescere solo del 13,7%". Il risultato è la "posizione infima del lavoratore italiano" quanto agli stipendi netti e "penultimo nel 2006 fra tutti i paesi europei".
In Italia il costo medio in euro per ora di lavoro, calcolato sui dati forniti dallo Yearbook dell'Eurostat, è inferiore a quello di tutti i paesi europei ad eccezione della Spagna, della Grecia e del Portogallo, che è anche il paese dove i costi del lavoro sono minimi (9,5 euro all'ora) mentre Danimarca e Svezia fanno registrare i valori massimi (30,7 e 30,4 euro per ora rispettivamente).
L'effetto congiunto dell'erosione del potere d'acquisto causata dall'inflazione, dell'elevato peso del cuneo fiscale e della contenuta dinamica salariale insieme concorrono a spiegare buste paga fra le più leggere d'Europa.
Proprio il cuneo fiscale, spiega l'Eurispes, "appare, se confrontato con quello degli altri Paesi europei, particolarmente gravoso nel nostro Paese", e "tanto più punitivo in quanto la base di partenza (ossia il salario lordo) è molto al di sotto della media europea e poco più della metà di quello dei tedeschi, degli inglesi e dei danesi".
Quanto al peso delle diverse politiche della famiglia sui salari, l' Eurispes mette a confronto il cuneo fiscale del lavoratore single, ossia senza persone a carico, e quello del lavoratore con moglie e due figli a carico.
Con due sole eccezioni (Francia e Grecia) il cuneo fiscale è più lieve nei confronti del lavoratore con carichi familiari, ma alcuni paesi (Irlanda, Gran Bretagna, Spagna e Portogallo, ad esempio) si mostrano abbastanza insensibili alle necessità familiari, ed il cuneo fiscale si riduce solo di poco per favorire la famiglia.
Germania e Olanda invece attuano decurtazioni del cuneo superiori al 14% del costo complessivo del lavoro e quindi nella fiscalità complessiva sul lavoro danno vita a una decisa politica 'familiare'.
L'Italia attua una moderata politica 'familiare'. Infatti il cuneo che si inserisce fra il costo complessivo del lavoro ed il salario netto in busta e' del 9% inferiore per il lavoratore con tre persone a carico, rispetto a quello senza carichi familiari.

web
noipress

mercoledì, marzo 28, 2007

La repubblica distrugge l'Italia



All'indomani dell'approvazione al Senato del ddl sul rifinanziamento delle missioni all'estero, l'Udc è salita al Quirinale per dire a napolitano che l'Italia ha bisogno di un governo di salute pubblica.

Il Paese è in difficoltà, il governo modifica l'attività parlamentare e non è in grado di intercettare la ripresa. Quello di Prodi è un governo esaurito che sta in piedi solo grazie al muro contro muro
Inoltre:
Abbiamo espresso a napolitano l’opinione che questo governo è causa di una grave crisi istituzionale, in particolare al Senato.

Un governo di salute pubblica è necessaria e possibile solo in situazioni di estrema emergenza, e quindi ciò presuppone che l'Italia è profondamente malata.

L’Italia sta sperimentando in tutti gli ambiti della vita pubblica e in tutti i tipi di organizzazioni gli effetti della inadeguatezza del sistema repubblicano.
L’Italia non ha solo bisogno di un nuovo governo, ma di un nuovo sistema istituzionale, una nuova costituzione, una nuova classe dirigenza che dia speranza, fiducia e stabilità al paese.

Poveri italiani !
Subire questa repubblica è veramente un supplizio.
Quando finirà?

I centristi contro gli ex alleati: "In Senato commesso un errore politico ed aritmetico.
La casa delle libertà è finita dopo la sconfitta elettorale"
L'Udc chiede un incontro al Quirinale
"Serve un governo di salute pubblica"

repubblica

Al Senato hanno perso tutti

Dopo la caduta del governo Prodi 1, il Capo dello Stato napolitano al termine delle consultazioni al Quirinale chiese al premier dimissionario la verifica in Senato della necessaria maggioranza politica.
Maggioranza politica e non solo numerica.

Come allora anche adesso il governo ottiene al Senato solamente la maggioranza numerica, l'Unione conferma la precarietà della sua autosufficienza politica, mimetizzata dal soccorso bianco dei centristi, i voti dei senatori a vita continuano ad essere indispensabili.

I voti favorevoli all'Unione si sono fermati a 155 ma la maggioranza richiesta era di 158 voti. Dei 180 si', 20 sono stati quelli dell'Udc, e tra i restanti 160 4 erano i voti dei senatori a vita (Colombo, Ciampi, Rita Levi Montalcino e Scalfaro) e uno del senatore di Forza Italia Lino Iannuzzi.
Da registrare i 2 no di Turigliatto e Rotondi, i 132 astenuti (70 di Fi, 41 di An, 13 della Lega e 8 tra Dc, Mpa e Pri).


L'ormai soglia dei 158 voti di senatori elettivi, che costituirebbero la maggioranza politica e che era stata richiesta come condizione per superare l'ultima crisi di governo dall'inquilino del Colle, non è stata raggiunta.


Se prodi fosse coerente dovrebbe dimettersi.
Il superpartes-comunista napolitano, che a sua tempo aveva avanzato la teoria dell'autosufficienza della maggioranza politica, commenta:
Sono molto contento che il decreto sia stato approvato. Non aggiungo altro.
Non c'è un capo di stato superpartes ....

In realtà ieri al Senato hanno perso tutti:
il governo e la maggioranza hanno perso perchè non hanno la maggioranza politica;
ha perso l'opposizione, che si è anche divisa;
ha perso napolitano che continua a dimostrarsi di parte;
ma soprattutto continua a perdere l'Italia, guidata da un sistema disastroso e da una classe politica che pensa solo ai loro interessi.

lunedì, marzo 26, 2007

Lepanto no, giuliani si



La Camera della repubblica (presieduto da bertinotti) ha rimosso dalla Sala del Cavaliere l'allegoria della Battaglia navale di Lepanto dipinta da Veronese.

Il portavoce del Presidente della Camera ha detto :
La decisione è stata presa all'inizio delle legislatura in sintonia con la linea di dialogo e di pace scelta da Bertinotti, si è voluto mandare un segnale di novità e diversità.

Con il gioco di parole e con alchimie politichesi si cerca di nascondere la verità.
Dopo le rimozioni storiche ( risorgimento, monarchia, Casa Savoia ..) si passa anche alle rimozioni pittoriche.

A questo punto ricordo che pochi giorni fa lo stesso inFausto bertinotti fece di tutto per intitolare un'aula del Senato al ... patriota ... giuliani.
Per il "compagno di cashmere" le gesta di giuliani valgono di più di una battaglia storica come quella di Lepanto.

Questa tendenza al cedimento della nostra cultura e storia, non è solo comunista, fa parte integrante del DNA storico-ideologico della repubblica.
L'alleanza tra la DC ed il PCI, sulla quale si fonda la repubblica, non poteva che generare questo aborto politico e culturale, in quanto i democristiani (de gasperi, moro, andreotti ..) si sono sempre sentiti succubi od inferiori ai comunisti, ed in particolare la cultura è stata dominata dalla sinistra.
Da quando i comunisti hanno completamente conquistato il potere (quirinale, camera, senato, governo ...) sembra proprio che l'idiozia repubblicana non abbia limiti.

La decisione presa dalla presidenza della Camera di rimuovere l'antico dipinto celebrativo della Battaglia di Lepanto è un chiaro esempio di abbandono dell'identità del nostro Paese.,lepanto

domenica, marzo 25, 2007

Il carrozzone del Presidente




Il carrozzone del Presidente
Una repubblica fondata sul privilegio


Nel 1946 l’Italia divenne una repubblica e la monarchia dovette fare le valigie. Eravamo diventati un paese “democratico”.
Però non si capiva perché il Presidente della Repubblica eletto dal popolo guadagnava più del re che non era stato eletto da nessuno. Qualcuno fece qualche conto e ci si accorse che la democrazia non tornava.
L’ultima “lista civile” di re Vittorio Emanuele III era di 11 milioni e 250 mila lire l’anno. L’assegno personale del Presidente della Repubblica era di L.12.000.000, più la dotazione di L.180.000.000 per il pagamento degli stipendi del personale, più L.730.000.000 per il Segretariato Generale della Presidenza, più L.20.000.000 per la manutenzione dei beni demaniali assegnati al presidente, più L.129.000.000 di reddito della tenuta di San Rossore.
Totale: L.1.071.000.000.
Cifra che superava la dotazione della regina Elisabetta d’Inghilterra (L.800.000.000), di re Federico IX di Danimarca (L.200.000.000), della regina Giuliana d’Olanda (L.450.000.000), di re Gustavo di Svezia (L.250.000.000), di re Baldovino del Belgio (L.400.000.000).

Re Vittorio Emanuele pagava di tasca propria gli stipendi del personale. Con la Repubblica questi stipendi vennero messi a carico del Tesoro invece che sul conto della dotazione del Presidente.

Quanto agli immobili il Capo dello Stato italiano, come il monarca prima di lui, disponeva del palazzo del Quirinale, del castello di Caprarola, della tenuta di San Rossore, della villa Rosebery a Napoli, della tenuta di Castelporziano dove venne costruita una villa con denaro prelevato sul fondo per la ricostruzione dei fabbricati distrutti dalla guerra.

Diego Calcagno sul “Tempo” di Roma del 1952 commentò: “Mentre non è ancora spenta l’eco del dramma di Primavalle sorto nel clima della miseria, della promiscuità, della crisi edilizia delle case popolari, giunge notizia che gli uffici della Presidenza della Repubblica stanno innalzando in quella tenuta, a spese dello stato, non nel conto dei 180 milioni della lista civile, ma con i mezzi e l’opera del Genio, un’altra casa. I tanti cittadini senza tetto che ne penseranno?”.

La conclusione malinconica di Calcagno era che nei boschi di Castelporziano una casa c’era già ed essa bastava ai rudi e sempliciotti re sabaudi, mentre agli uomini della repubblica non bastava più.

Le spese del Quirinale son tornate oggetto di critiche sessant’anni dopo, quando a proposito del bilancio del Quirinale appena pubblicato si è osservato che una maggiore sobrietà converrebbe allo stile di una repubblica, mentre la pletora di dipendenti e di clienti fa piuttosto venire in mente gli intrecci di sangue e di clan delle affollate e colorite corti orientali.
2181 i dipendenti complessivi del Quirinale, di cui 1095 addetti al ruolo della presidenza; 1086 militari, comprendenti i 297 corazzieri, e addetti alla polizia e alla sicurezza.

In appena dieci anni, restando inalterate le funzioni, il personale del Quirinale è aumentato di 587 unità.
Spese previste dal Colle per quest’anno: 235 milioni euro; il 60% in più rispetto a dieci anni fa. Stabile l’assegno personale del capo dello stato: 218.407 euro.

Mario Cervi sul “Giornale” ha fornito questi dati di confronto. La regina d’Inghilterra dispone di 300 dipendenti; il re di Spagna di 543; il presidente Bush di 446, l’imperatore del Giappone di mille circa. Gli Stati Uniti hanno 2.000.000 di dipendenti pubblici, l’Italia con un quinto di abitanti ne ha più del doppio.

Siamo forse il paese più costoso e peggio amministrato d’Europa.
Il nostro ministero delle Finanze, il più attivo, ha otto volte il numero dei dipendenti degli stessi dicasteri degli Stati Uniti e del Giappone. In nessun altro paese d’Europa vige l’orario unico continuato negli enti pubblici. Una riforma in senso contrario provocherebbe una rivoluzione.

In nessun altro paese il “lavoro” viene chiamato “posto”, parola molto più comoda e riposante.
La posta prioritaria è diventata posta ordinaria, così si è tornati ai tempi di prima a prezzo maggiorato.
L’Italia ha la metà della rete ferroviaria francese, ma il doppio dei dipendenti. Anni fa per rimediare ai perpetui ritardi le ferrovie allungarono i tempi di percorrenza di mezz’ora. I treni continuano ad arrivare con mezz’ora di ritardo. Com’era bella la repubblica sotto l’impero!


di Romano Bracalini
opinione
(05/02/2007)

venerdì, marzo 16, 2007

Anniversario dell'Unità d'Italia

Il 17 marzo è l'anniversario dell'Unità d'Italia.


La Festa dell'Italia!!



Il 17 marzo 1861, il primo atto del nuovo Parlamento Italiano fu la proclamazione del Regno d'Italia, con capitale a Torino.
In seguito alla votazione unanime del Parlamento, Re Vittorio Emanuele II assunse per sè ed i suoi discendenti il titolo di "Re d'Italia, per grazia di Dio e volontà della nazione".

mercoledì, marzo 07, 2007

barzelletta repubblicana



Può essere anche una barzelletta ma non c'è molto da ridere perchè per colpa dello stato repubblicano l'Italia peggiora sempre di più ...


...
«Se il bipolarismo a cui sono affezionati in tanti - ha detto il leader Udc, Pier Ferdinando Casini nel suo intervento in Aula - produce barzellette come la maggioranza variabile, io credo che non possiamo lamentarci se la gente è sempre più lontana dalla politica».
....
ilgiornale

martedì, marzo 06, 2007

Lavoro nero repubblicano



Un'altra vergogna della repubblica italiana:
il lavoro nero in Parlamento.


Dopo i test antidroga e i test sul livello culturale dei parlamentari italiani, un servizio delle Iene mostra come il Parlamento italiano sia pieno di persone che lavorano in nero.

Secondo una inchiesta portata avanti da "Le Iene", sono 683 gli assistenti degli onorevoli (il 92% del totale) che vengono pagati senza alcun contratto, a prezzi molto bassi, con orari di lavoro massacranti e reperibilità di 24 ore.
Solo 54 su 683 hanno un contratto secondo le regole.

Oltre a testimonianze degli assistenti, che hanno raccontato la loro condizione lavorativa, le Iene hanno intervistato un parlamentare che ha ammesso, davanti alle telecamere, che anche in parlamento c'è lavoro in nero.
C'è anche chi ha sostenuto che i costi della politica sono troppo alti e che si ricorre al nero perchè costa troppo assumere regolarmente un collaboratore.

Se i dati raccolti e diffusi dalle Iene corrispondono alla realtà è una vergogna.
Questo significa che i politici che a parole vorrebbero approvare leggi contro la precarietà e il lavoro nero, sarebbero i primi a ricorrere a pratiche di impiego illegali e irrispettose della dignità umana.
La battaglia contro la precarietà è solo un modo per accalappiare i voti dei poveri lavoratori.

I politici sfruttano il lavoro di tanti giovani assistenti.
Lo Stato repubblicano predica bene e poi inevitabilmente razzola male.

Se un imprenditore assume un lavoratore in nero e lo scoprano finisce nei guai, mentre alla casta parlamentare repubblicana tutto è concesso.

A questo punto è chiaro che i giornalisti sono solo i lacchè del potere repubblicano!!!
Infatti scoop del genere non sono mai scoperti dai giornalisti, i quali evidentemente svaccano sulle poltrone del Transatlantico interessandosi solo degli avvezzi e magagne del Palazzo.


Un'inchiesta delle "Iene" su come vivono i "bracci destri" degli onorevoli
Dieci ore al giorno, per anni e anni, gratis o 800 euro al mese
Lavoro nero anche in Parlamento
Senza contratto 629 assistenti su 683

Lavoro nero anche in Parlamento
Senza contratto 629 assistenti su 683

ROMA - Neanche in Parlamento si sfugge al lavoro nero. Sono 683 gli assistenti degli onorevoli. Lavorano in un posto di prestigio, passano le giornate tra le "stanze dei bottoni" e gli spostamenti dei loro assistiti, hanno contatti con "quelli che contano". Ma dietro tutto questo fumo c'è davvero poco di concreto: il 92 per cento di loro lavora in nero, da anni, per tante ore al giorno, senza una retribuzione regolare. In numeri: solo 54 su 683 hanno un contratto secondo le regole.

L'inchiesta è stata portata avanti da "Le Iene", che sono riuscite ad entrare in possesso di documenti che testimoniano come funziona il lavoro dell'esercito di persone che aiuta gli onorevoli.
Ogni anno, per accreditare alla Camera i propri assistenti, i parlamentari devono dichiarare se lavorano a titolo oneroso - e quindi devono allegare un regolare contratto - o a titolo gratuito. Attraverso l'ufficio di presidenza della Camera, le Iene sono venute in possesso di questi documenti. Ne emerge un quadro disastroso. Sono ben 629, su un totale di 683, a prestare servizio senza aver mai firmato un contratto.
Molti di loro sono laureati in attesa di trovare, tra un contatto e l'altro, qualcosa con cui poter svoltare.
Ma stare accanto al potere spesso significa non averlo ma esserne schiavizzati: come hanno testimoniato alcuni di loro, con il volto oscurato, ai microfoni delle Iene, le loro giornate lavorative variano da otto a dieci ore al giorno, con disponibilità praticamente h24. Una vita che per alcuni va avanti così anche da dieci anni, per ottocento euro al mese, nella speranza che un giorno qualcosa possa cambiare.
Durante il servizio che andrà in onda domani, intervengono anche vari parlamentari. Uno in particolare, spiegano gli autori, ammette davanti alle telecamere il lavoro nero in Parlamento.
L'inchiesta è partita da una dichiarazione rilasciata diverso tempo fa da Casini che, da presidente della Camera, aveva spiegato, in seguito a un servizio delle Iene, la procedura per dare il badge agli assistenti. Il servizio di
Filippo Roma, di cui è autore Marco Occhipinti, andrà in onda domani sera su Italia Uno.

larepubblica

lunedì, marzo 05, 2007

Maggioranza variabile = imbroglio repubblicano

Nel disperato tentativo di non cadere un'altra volta, nel governo si fa strada la cosiddetta formula delle “maggioranze variabili”, già molto usata in molte legislature repubblicane.

In un’intervista pubblicata sul corrieredellasera, il dottor sottile Amato riprende il tema della governabilità e della stabilità, e da scaltro politico propone la vecchia e pericolosa formula delle “maggioranze variabili”.

Più correttamente si dovrebbe parlare di una manovra che consentirebbe una più lunga sopravvivvenza a questo governo traballante.

Inoltre se molte decisioni (ad esempio la politica estera) sono il frutto di un accordo tra maggioranza ed opposizione ne risulta che chi guida l’esecutivo lo fa solo in una logica di potere per essere sicuro della sua poltrona.

E' proprio quest'ultimo punto che è intollerabile.
Infatti in questa repubblica è avvenuto che la politica è diventata secondaria alla gestione del potere ed agli interessi personali.

Inoltre se pur di non perdere il potere un governo si appoggia ai voti della opposizione significa che non ha proprio più senso andare a votare.
Perchè votare un partito quando poi si allea con un altro partito che aveva un progetto politico opposto a quello che preferivo?

D'altronde non c'è nulla di nuovo.
Nella storia repubblicana il gioco era stato fin troppo sperimentato per garantire la continuità dell'esecutivo a dispetto della variabilità delle maggioranze.

Inoltre la Dc e PCI litigavano solo al momento delle elezioni, ma poi molto spesso si mettevano d'accordo per far passare le leggi e le finanziarie.

La formula delle maggioranze variabili è solo un imbroglio per conservare il potere !

domenica, marzo 04, 2007